Lettere d'amore d'un sessantenne voluttuoso

Cara amica Le scrivo
Ho scoperto da poco questo scrittore, nominato in qualche altro libro forse, o in un catalogo sul web, non ricordo; la memoria è colpevole, certamente, ma anche il mio girovagare curioso e labirintico fra luoghi, virtuali e no, in cui si parla di libri; annoto il titolo e l'autore, ne approfondisco la conoscenza e dimentico la fonte. Chiudo questa premessa inutile. L'autore, Miguel Delibes (1920/2010) è un apprezzato scrittore spagnolo contemporaneo, poco conosciuto e tradotto in Italia, di lui ho acquistato Signora in rosso su fondo grigio e Cinque ore con Mario che conto di leggere a breve. Dirò subito che il titolo può dare adito a qualche fraintendimento facendo pensare ad un epistolario di carattere erotico; nel testo si parla anche di erotismo, è vero, ma in modo non esteso e sempre assai elegante. Se facciamo risalire l'aggettivo voluttuoso alla sua origine latina, voluptas, ossia piacere in senso lato, allora tutto diventa chiaro, perché il sessantenne del titolo è un uomo che ama la vita e i suoi piaceri, e ce li racconta in quarantadue lettere inviate ad una signora, il cui indirizzo ha trovato fra gli annunci 'sentimentali ' di una rivista. L'epistolario procede in una sola direzione, non abbiamo lettere della sua corrispondente, solo cenni di qualche argomento cui il nostro protagonista fa riferimento. Attraverso queste lettere - vergate in un linguaggio vivido e immediato, di piacevolissima lettura - il protagonista racconta la sua vita: evoca episodi della sua infanzia, il suo lavoro di giornalista al tempo del franchismo, descrive i suoi gusti alimentari, esprime opinioni su fatti di costume, confessa sentimenti e speranze in un crescendo nel quale le lettere di amicizia si trasformano in lettere d'amore, appassionate, ma delicate allo stesso tempo, fino all'epilogo che naturalmente non svelerò. Un libro che si fa apprezzare per la forma narrativa ( io amo molto il racconto epistolare), per il linguaggio elegante, ma non ricercato, per la storia e le vicende private e no, che si dipanano attraverso queste eloquenti missive, per la capacità dell'autore di darci un ritratto psicologico approfondito e affettuoso di quest'uomo per il quale il lettore non può fare a meno di provare simpatia. L'attitudine analitica e quella sentimentale della lettura, di cui ho parlato altrove, sono ampiamente soddisfatte.
Sfogliando il libro
25 aprile 1979
Mia gentile signora,
Ieri, per puro caso, mi sono imbattuto nel suo annuncio sulla «Corrispondenza Sentimentale», mentre attendevo il mio turno nella sala d'aspetto del medico.
Mi limitavo a sfogliare la rivista, quando, passando per la pagina che riportava la sua inserzione, mi sono sentito attrarre da qualcosa; si sarebbe detto che quelle poche righe fossero dotate di un potere magnetico, che, di colpo, avessero assunto rilievo e movimento, tanto da rendermi impossibile sottrarmi al loro richiamo. Le ho lette. Ho letto più volte la sua minuta, come se quelle semplici parole celassero una seconda intenzione, profonda e arcana. Ed ora, di ritorno a casa, con tutta calma, prima di accendere il televisore, mi sono deciso a scriverle queste parole.
Ho qui davanti il suo annuncio, laconico ma espressivo. Sono incorso in una piccola ribalderia, che mai mi sarei creduto capace di commettere: ho strappato la pagina della rivista che lo ospitava. Sono stati attimi di grande tensione durante i quali mi sono sentito ignobile commettendo un crimine. E, a ben guardare, qualcosa di criminale vi è, in questo mio atto di danneggiare una rivista e ridurre così l'eco del suo appello, sottrarle quella parte di risonanza che era lecito aspettarsi dalla copia della quale, in malo modo, io mi sono impossessato.
A parte questa azione indegna, il suo messaggio ha avuto su di me un effetto fulmineo; neanche per un attimo ho dubitato che quelle parole mi fossero destinate.
Per quale ragione?
Non è facile spiegarglielo. La sua nota (riferimento n. 921) che tengo qui, sotto gli occhi, recita così: «Signora di Siviglia, vedova, cinquantasei anni, aspetto giovanile, buona salute; cinquantatré chili di peso; un metro e sessanta di statura. Amante dei viaggi e della musica. Cuoca discreta. Corrisponderebbe con signori di età non superiore ai sessantacinque anni e di simili caratteristiche».
A ben guardare, nulla di straordinario, eppure, come le ho detto, quell'annuncio, fra tanti, si impose alla mia attenzione, mi fascinò a tal punto che non ne lessi più altri. Quindi rimasi lì, immobile, seduto su una sedia accanto alla porta, lo sguardo fisso su quelle righe stampate, il cui carattere tipografico, in corsivo 8, in nulla si distingueva da quello in cui era impressa la maggior parte degli altri annunci; né, per essere precisi, si distinguevano i concetti che, più o meno, con variazioni di età, sesso, statura o residenza, erano gli stessi degli altri e, tuttavia, vi era in essi qualcosa che mi attirava, e che mi portava a sentirmene il destinatario. L'allusione, forse, al suo attraente aspetto giovanile? La figura proporzionata che si deduce dalla sua statura e dal suo peso? La buona salute? La sicurezza in se stessa che irradia dalla redazione della minuta, o forse l'ordine in cui Lei enumera le sue doti personali, elevandosi dalle più terrene alle più nobili, per concludere sottolineando il suo talento culinario, come volesse dare a intendere che la musica, all'occorrenza, non le impedisce di volare più rasoterra e chiudersi in cucina a friggere patate?
Io sono convinto che uno dei più evidenti sintomi della decadenza occidentale risieda nel progressivo disdegno per la cucina.
Non è raro udire le ragazze d'oggi affermare di non voler perdere tempo ai fornelli. Lei crede, signora, che il tempo impiegato in cucina sia tempo perduto?
Fino a non molto tempo fa, la cucina è stata uno dei pilastri culturali che ancora si rispettavano, ma da qualche anno a questa parte, che degrado, signora mia! La sostituzione della cucina economica col gas e l'elettricità, i fornelli a spirito, la pentola a pressione, quali nefaste invenzioni! E, come se non bastasse, il bestiame nutrito di mangimi artificiali, i cibi in scatola, i surgelati ... Ma la cosa più grave è che tutto questo ci si presenta come un progresso, una conquista, quando, in realtà, la salagione di carne e pesce è un procedimento vecchio come il mondo. Dove si fonda la novità, domando io, dov'è il progresso?