Nomen Omen?
Come abbiamo visto il nome è il risultato di una scelta, il cognome deriva invece da un processo di fissazione storica e viene poi assunto in base a specifiche norme di legge che riguardano sia la filiazione, legittima o naturale, sia altri istituti giuridici come il riconoscimento, l'adozione, l'affidamento, e così via. Il cognome può essere scelto dall'ufficiale di stato civile o da chi ne ha diritto solo quando il soggetto è dichiarato "figlio di ignoti"; è scelto anche nell'ipotesi in cui una persona chieda e ottenga il cambiamento del proprio cognome. Dal 1563, col Concilio di Trento, è diventato obbligatorio tenere regolarmente dei registri di battesimo e quindi per tutti i cattolici, anche quelli appartenenti alle classi più basse, adottare un cognome.
Lo studio dei cognomi attrasse presto l'attenzione degli studiosi, a partire da Ludovico Antonio Muratori che vi dedicò il saggio De cognominum origine (dissertazione XVII delle Antiquitates italicae medii aevi, 1738-1743). L'interesse si orientò sia verso i problemi connessi con l'origine, la tipologia, la semantica, sia verso ricerche di carattere storico-etimologico che hanno portato alla redazione di dizionari come quelli di Emidio De Felice (Dizionario dei cognomi italiani, 1978) e di Enzo Caffarelli e Carla Marcato (I cognomi d'Italia, 2008).
Come afferma Roberto Bizzocchi, i cognomi oggi di solito ci appaiono casuali, privi di significato: non ci si chiama Fabbri per il fatto di esercitare il corrispondente mestiere; si può misurare due metri di altezza e portare il cognome Basso. Ma quando si cominciò ad essere apostrofati o magari ad autodefinirsi con un secondo nome, questo aveva un significato ben preciso, corrispondente a una qualche caratteristica della persona interessata, tale da identificarla e possibilmente distinguerla in relazione al contesto in cui si trovava. Già Muratori distingue le origini dei cognomi da nomi di luogo, nomi propri, soprannomi, cariche o da attività esercitate. Ognuno degli studiosi moderni ha adottato una propria classificazione dei cognomi.

Una prima categoria di derivazione dei cognomi è quella dei patronimici o, più raramente, dei matronimici, ossia quelli formati da nomi di persona, maschili o femminili. Si possono presentare in forma composta (come Di Pietro, Di Vittorio, De Filippo, De Luca, D'Angelo, D'Agata, De Maria) o in forma semplice (Giordano, Paoli, Martini, Arduino, Agnesi, Berto). Il cognome è riferito a un personaggio così rilevante (per censo, personalità, autorevolezza) da aver dato il suo nome a tutti i membri della famiglia. A volte il patronimico è meno evidente, come nel caso di Inzerillo, che porta la traccia degli influssi greco e arabo sulla Sicilia, risultando probabilmente dalla combinazione fra il prefisso arabo ibn (figlio) e il nome maschile greco Kyrillos, Cirillo.
La seconda categoria è quella dei cognomi toponimici, ossia che prendono origine dai luoghi di provenienza che possono essere sia stranieri, come Bulgari, Francese, Greco, Albanese o Lo Turco, che italiani, come Romano, Lombardi, Marchegiani, Calabrese, Trevisan, Damilano, Lo Sardo e così via. Anche cognomi diffusissimi come Brambilla o Locatelli derivano da luoghi, rispettivamente Brembilla e Locatello, due località del bergamasco. In alcuni casi il cognome conserva il nome di un luogo scomparso, come Salmoiraghi, antico nome dell'attuale Sumirago (Varese) o Piperno corrisponde al precedente nome di Priverno (Latina). Appartengono alla categoria dei cognomi derivati da toponimi anche quelli formati da elementi topografici minori come Piazza, Porta, Fontana, Pozzi, Mura, Chiesa, Montanari, Delle Piane.
La terza categoria corrisponde ai cognomi che derivano da mestieri, cariche, titoli nobiliari o
funzioni sociali.
Esempi per i mestieri possono essere Sarti, Medici, Barbieri, Pastore, Molino, Fabbri (con le sue
innumerevoli variazioni regionali: Ferraro, Ferreri, Ferrero, Favro, Favaro, Magnani), Calzolari
(con le versioni: Callegari, Cagliero o Zavattini), Cavallaro, Vaccaro, Strazzer.
Per le cariche e i titoli nobiliari si possono ricordare: Giudice, Podestà, Vicario, Rettori, Notari,
Cancellieri, Cattaneo (capitano) ma anche Papa, Cardinale, Re, Conte o Baroni.
Enzo Caffarelli precisa che: È improbabile che le più alte cariche civili e religiose abbiano avuto famiglie e discendenti
tanto numerosi e che questi abbiano mantenuto il titolo nobiliare perdendo invece lo specifico
nome di famiglia. Tutti figli di Re o di Papa? Se ne deduce che per la grande maggioranza gli avi
di quanti oggi si chiamano Vescovi, Barone, Principi, ecc. erano piuttosto soldati o lavoranti
presso i potenti, in abbazie, monasteri, castelli, palazzi comunali, ecc. Oppure si atteggiavano
a potenti o presentavano rassomiglianze fisiche con i potenti del luogo. O, ancora, ne
indossavano gli abiti in tornei, processioni e altre cerimonie.
Nella categoria dei nomi derivanti da mestieri si trovano interessanti eredità dall'arabo (come Macaluso, schiavo affrancato, Mogavero, guerriero, Mulé, padrone) e dall'ebraico (Cohen, sacerdote, Bolaffi, farmacista, ma anche Orefice e Sacerdote).
Infine, una quarta categoria riunisce una variegata serie di cognomi derivati da soprannomi che
sottolineano caratteristiche fisiche o comportamentali della persona o del gruppo familiare:
Rossi, Biondi, Ricci, Mancini, Longo, Basso, Piccolo, Grosso, Grasso, Astuto. Malinconico.
Bixio, come Bisio o il toscano Bigi, deriva da grigio, bigio. Gli arabi, in Sicilia, ci hanno lasciato:
Buscema (dal grosso neo), Garufi (crudele o ribelle), Sodano (nero), Zambuto (silenzioso).
In qualche caso l'ironia e lo scherzo si tramutavano in scherno e offesa.
Enzo Caffarelli, nel suo
stimolante e spiritoso Dimmi come ti chiami e ti dirò perché, ci ricorda che:
Non c'era stranezza, piccola o grande anomalia, parola mal pronunciata, azione fuori dell'ordinario, che non venisse colpita dall'ironia popolare, o meglio da un sarcasmo anche cattivo. Si salvi chi può: Zoppi, Muti, Sordi non fanno più effetto; un po' di più ne fanno ancora oggi i vari Gambarotta, Sciancati, Storpi, Monchi, Invalidi, Loschi, Malvestiti, Gonzi, Bischeri, Maligno, Pocobelli, Zozzi, Grotteschi, Sinistri, Bavosi, Canaglia, Ubriaco, Viscidi, Sciocchi, Matti, Grulli, Pochintesta, Sventurati, Sciagura, Ottusi, Minorati, Bastardi, Bugiardi, Malevoli, Scemi, Dementi e Cretini. Che dire? Ce n'è per ogni gusto. Una quarantina d'anni fa il grande Alighiero Noschese, padre di tutti gli imitatori, recitava uno sketch che suonava pressappoco così: «Il Parlamento italiano, preso atto della non particolare avvenenza dei suoi deputati e senatori, per migliorare la situazione ha nominato una commissione. Sono stati eletti a farne parte gli onorevoli Piccoli, Storti e Malfatti». Alcune descrizioni vanno però interpretate al contrario: chi parla troppo poteva essere soprannominato il Muto, e il nomignolo Gigante poteva essere imposto a un individuo di statura bassissima.

È spesso difficile ricostruire la motivazione di soprannomi che rimandano a comportamenti,
fatti o situazioni occasionali come Fumagalli, Bevilacqua, Pappalardo, Scognamiglio,
Tagliabue, Passalacqua, Migliavacca, Tagliapietra, Taglialatela, Sciancalepore o Pittaluga
(cognome d'impronta dialettale ligure composto dalle voci pittâ, piluccare, e uga, uva).
Un capitolo a parte meritano i cognomi dati ai bambini abbandonati e di solito accolti in
brefotrofi gestiti da ecclesiastici.
Spesso venivano dati ai bambini cognomi con significato religioso: Del Papa, Di Dio, Diolaiuti,
Diotallevi, Dioguardi, Casadei, Sperandio, Preti, Della Santa.
Altrettanto spesso il cognome indicava lo stato di abbandono. Esposito è in assoluto il quarto
cognome italiano per diffusione; di origine napoletana, deriva dalla ruota degli esposti, la
struttura girevole nella quale i bambini venivano lasciati per essere affidati alla carità pubblica.
Se ne trovano numerose varianti, come Espositi, Esposto, Degli Esposti, Sposito, Sposto,
Spisto.
Proietti deriva dal latino proiectus, ossia proiettato, gettato, quindi abbandonato sul sagrato di
una chiesa o nella ruota degli esposti.
Il cognome Colombo, primo per diffusione in Lombardia, fu utilizzato per i trovatelli dell'Istituto
di Santa Caterina della Ruota di Milano, conosciuto anche come Pia Casa degli Esposti e delle
Partorienti, che aveva per simbolo una colomba. Numerose sono le sue varianti, tra cui
Colombelli, Colombini, Columbo.
Innocenti, secondo tra i cognomi più diffusi in Toscana, deriva dallo Spedale degli Innocenti di
Firenze. Altre sue forme sono Innocentini, Nocentini, Degli Innocenti e così via.
Altri nomi di questo tipo dati ai trovatelli sono: Trovato, Incerti, Ignoti, Conforti, Regalato,
Fortunato.

La "ruota dei gittatelli" all'ospedale di Santo Spirito in Saxia a Roma
All'Istituto delle Laste di Trento venivano dati agli esposti nomi di oggetti comuni (come
Bottiglia, Posata, Salvietta, Tazza, Tovaglia etc.) o con un riferimento temporale al momento in
cui il neonato era stato trovato (Martedi, Marzini, Pasquali, Silvestrini, Primo).
Anche il nonno di Umberto Eco era un trovatello e il suo cognome è l'acronimo di ex coelis
oblatus, ossia dono del cielo.
Abbiamo visto come da certe caratteristiche delle persone (nomi, provenienze, mestieri etc.)
siano derivati i cognomi. Nel prossimo articolo vedremo invece come, forse non solo per un
caso fortuito, il cognome pare abbia influito sul destino di una persona…
Insomma, nomina sunt consequentia rerum (come affermava Giustiniano) o viceversa res sunt
consequentia nominum?
Bibliografia:
Carla Marcato, Cognomi, in "Enciclopedia delI'Italiano", Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/cognomi_(Enciclopedia-dell%27Italiano)/
Enzo Caffarelli, Dimmi come ti chiami e ti dirò perché, Laterza, 2014
Roberto Bizzocchi, I cognomi degli italiani, Laterza, 2018
DrRestless (Roberto Gerbi)