Anche questo è il Natale

Sette scrittori, autori di celebri libri gialli, messi da parte crimini e indagini, si cimentano con una personalissima interpretazione del Natale. Questa amata festa della cristianità, ma con antichissime, ed evidenti, ascendenze pagane, celebrata pressoché su tutto il globo, ha affascinato in ogni epoca scrittori di varia nazionalità. I racconti di questa antologia celebrano ciascuno un Natale diverso, non sempre illuminato dalle luci scintillanti delle luminarie o dell'albero; costituiscono una sorta di umanissimo presepe sul quale si proiettano le ombre di un vivere non sempre facile, anche nei giorni di festa.
Una lettura a tema, da fare nelle tregue della frenesia degli acquisti, o dei preparativi per il pranzo natalizio, o al suo termine quando tutti parenti sono andati via, quando in casa torna il silenzio e le sole testimonianze dell'euforia gastronomica e spendereccia sono bicchieri vuoti e resti di panettone sul tavolo e, sotto l'albero, le carte spiegazzate e lacere che avvolgevano i regali.
Racconti di Giosuè Calaciura, Andrea Camilleri, Francesco M. Cataluccio, Alicia Giménez-Bartlett, Antonio Manzini, Francesco Recami, Fabio Stassi.
Dal risvolto
Una grande conchiglia sonante è il simbolo del Natale di Tridicino di Andrea Camilleri [...] Quello di Giosuè Calaciura è forse un racconto morale sulla diversità e la sua conciliante poesia. Antonio Manzini, intreccia una Vigilia beffarda ai danni di un poveraccio vittima dell'ingiustizia, di classe, dell'amore. L'eroe natalizio di Fabio Stassi è un detenuto in trasferimento verso un'isola. In un laboratorio misterioso nel mare greco si svolge l'avventura onirico virtuale inventata da Francesco Cataluccio. Il pranzo di Natale nell'autogrill isolato nella neve è comico assurdo e cinicamente ironico, specchio autentico dell'umanità come è per Francesco Recami. Alicia Giménez - Bartlett rappresenta un Natale borderline, claustrofobico, come può essere quello con la sola compagnia casuale di una fanatica religiosa.

Sfogliando il libro

I quattro Natali di Tridicino
Tridicino era stato accussì chiamato di nomi pirchì era il tridicisimo figlio di Tano Sghembari e di Tana Pillitteri.
Ed era figlio unico, in quanto non aviva cchiù né frati né soro essenno che tutti l'autri dudici erano morti uno appresso all'autro quanno che c'era stata la passata di 'na terribili pidimia di qualera. Tano possidiva 'na varca a vela, che s'era accattata col dinaro che gli aviva lassato in ridità un sò zio, con la quali annava a piscari aiutato da sò mogliere Tana, e campava accussì, vinnenno quello che arrinisciva a tirari fora dall'acqua con la riti. Come i frati e le soro che l'avivano priciduto, Tridicino nascì proprio dintra a quella varca, sò matre si sgravò mentri che attrovavasi a bordo, a sei miglia da Capo Russello, la matina del quinnici di maio del milli e ottocento e deci.
Santo e Santino
Santo e Santino sono fratelli. Santo, il più grande, ha 14 anni, capelli neri tagliati cortissimi, zigomi sporgenti, un incisivo scheggiato e occhi pieni d'acqua. Ma è difficile capirne il colore perché Santo li tiene semichiusi, a mezz'asta. [...] Gli occhi di Santo sono un problema. Non solo per lui. Santo ha sempre le mani impiastricciate, sporche di colore, di terra, di cioccolato e di altro imprecisabile. E con quelle mani si tocca gli occhi. [...] Santo sta fermo mentre la mamma gli pulisce gli occhi e placa il malessere dell'oscurità rassicurandolo: «Adesso puliamo gli occhi di Santo» [...] E Santo aspetta quieto di tornare alla luce con il suo eterno sorriso. Sorride Santo per qualcosa che vede solo lui e ne gioisce con gorgheggi di soddisfazione. Sono pensieri, sono visioni o forse solo la chimica generosa del cervello che lo risarcisce della propria incongruità. Santo è un ragazzo speciale. Così dice la mamma quando suo fratello Santino, più piccolo di tre anni, anche lui capelli scuri corti, magro e silenzioso, con sbuffi e lamenti non accetta le lentezze, i ritardi del fratello, la continua ed esclusiva attenzione dei genitori.


Babbo Natale
Ogni Natale che Dio mandava sulla terra Enzo era senza una lira. Durante l'anno sembrava che le cose si mettessero meglio, aveva speranze, progetti, che poi però come mosche all'arrivo dell'inverno cadevano uno dopo l'altro, e si ritrovava col conto in rosso e un mucchio di spese da affrontare. Girava per la città fredda e piena di luci che penzolavano. C'erano alberi con i tronchi disegnati da serpenti luminosi che di notte parevano degli scheletri con le ossa di lampadine. Buone feste dipinto dovunque: sulle vetrine, sui giornali, sulle buste della spesa. Abeti carichi di palle, pupazzi di Babbo Natale ovunque, e pure i finti zampognari dei castelli che suonavano le ciaramelle agli incroci stordendo gli incauti passanti che si avvicinavano troppo agli strumenti. Tutti si aggiravano maledicendo il Natale, le feste, il freddo e i regali che dovevano fare comunque. Enzo no. Enzo i regali non li avrebbe fatti. E a chi poi? Sua madre era l'unica persona di famiglia rimasta e da un anno e mezzo se ne stava su un letto d'ospedale in coma neurovegetativo. Monia l'aveva mollato da sei mesi due settimane e tre giorni. Rimpiazzarla non era stato possibile. Ma non per mancanza di volontà o per far passare quel periodo nero che serve per superare le ustioni di una delusione amorosa. Monia non era sostituibile.
A poco a poco tutto torna al monte dei pegni
Saremmo dovuti partire questa mattina, e ormai essere sbarcati da ore nell'isola che ci ospiterà per i prossimi mesi o anni, e invece un'avaria del motore e non so quali altri impedimenti burocratici [...] ci hanno bloccati al porto per più di mezza giornata e ritardato tutte le operazioni di carico. Li ho visti correre, i membri dell'equipaggio e le guardie carcerarie, andare su e giù per il molo seccati da tutti quegli intoppi, stropicciando tra le mani fogli pieni di timbri e di firme nella speranza che una carta potesse risolvere ogni contrattempo e farli tornare a casa, almeno per la cena. Ma c'era un'elica che non girava, e si è dovuto aspettare un meccanico, e poi un altro, fare delle prove, spegnere e riaccendere più volte, prima di ricevere finalmente il via libera dalla Regia Capitaneria e levare l'ancora.


La metamorfosi del Natale
L'edificio era interamente coperto da spelacchiati alberelli, cespugli sempreverdi e sbuffi di bacche amaranto che ingraziosivano la facciata rendendo felici e rassicurati gli amanti del verde in città. Stava appropinquandosi il Natale e Felice, uscendo dalla metropolitana e percorrendo i pochi metri che lo separavano dall'ingresso del palazzo, si disse che sarebbe stato simpatico addobbare, con lucine e palline colorate, tutte quelle piante abbarbicate al cemento fino al ventesimo piano. L'idea di andare a lavorare dentro una specie di enorme albero natalizio gli dava una malinconica euforia, come quando da ragazzino aspettava l'arrivo dei regali, sapendo con certezza, ormai da diversi anni, che non sarebbe stato Babbo Natale a portarli. Ma era bene far pensare agli indaffarati genitori che lui ci credeva ancora.

Natale con i tuoi
La ragazza prese la sua piccola in braccio e iniziò a chiederle se voleva un po' d'acqua. Glielo chiese ancora. E ancora. La piccola la guardava tutta occhioni. Alla fine, dopo dieci minuti buoni, le avvicinò il biberon alla bocca e la piccola bevve avidamente. «E allora vedi che sei una sciocchina? Vedi che avevi tanta sete, Margherita? E perché non l'hai detto alla mamma, eh? Perché amore? Perché?». Il chihuahua, cioè Margherita, si scosse in un breve fremito e rientrò nella sua cuccia zainetto, che la sua proprietaria, una giovane donna di origini palermitane ma residente a Cusano Milanino, teneva sul petto. Il marito, o compagno, non si sa, della donna le gironzolava intorno, nervosissimo, si agitava e manipolava freneticamente il suo cellulare, ogni tanto si avvicinava al desk del check - in, dove una ventina di persone più risolute avevano ormai preso possesso dei posti chiave, pronte per essere le prime a conoscere le soluzioni proposte e a beneficiarne. Volavano parole grosse. «Maiali!». «Stronzi!». «Bastardi!». «Focchin assols!». «Calma, calma, per favore».

Natale d'ottobre
Quando un essere umano è in preda a un dispiacere profondo, si mescolano in lui svariati sentimenti: frustrazione, rabbia, tristezza, delusione, incredulità, angoscia... Francisco li provava tutti insieme, e pur non potendo distinguerli l'uno dall'altro, li sentiva confusamente agitarsi in un magma infernale. Frustrazione: tutto ciò che aveva sognato per quelle feste di Natale svaniva di colpo. Rabbia: in quel momento avrebbe volentieri ucciso la sua ex moglie con le proprie mani. L'immagine che gli veniva alla mente era quella dello strangolamento: afferrarle la gola e stringerla finché non avesse smesso di muoversi. Tristezza: come poteva vivere senza vedere la bambina che amava tanto? Peggio: sua figlia, ancora così piccola, rischiava di dimenticarsi di lui e della sua esistenza. Delusione: aveva già pensato a tutto in ogni particolare: le passeggiate, i menu, i film da vedere insieme, le decorazioni da appendere all'albero, il presepe col muschio e le statuine, la merenda con i cuginetti... Incredulità: non era possibile. È vero che i bambini si ammalano, prendono grossi raffreddori da un giorno all'altro, arrivano a quaranta di febbre in un momento, e vedendoli prostrati, con la fronte che scotta, a volte si ha l'impressione che stiano per morire. Ma non muoiono, in men che non si dica saltano giù dal letto, sono impazienti di giocare, saltare, muoversi, andare in giro... Possibile che la bambina si fosse ammalata repentinamente proprio il giorno in cui doveva partire per venire da lui? Era legittimo il sospetto che ci fosse lo zampino della sua ex moglie.
Gralli
