Chiamatemi Ismaele

02.11.2025

Moby Dick non si recensisce.
Non si racconta.
Si può solo navigare.
È un viaggio per mare che
ti porta in altri viaggi per mare.

Torniamo all'incipit

Chiamatemi Ismaele, meglio, Ishmael.
Questo il nome del figlio di Avraham e della schiava Agar; un bastardo, cacciato con la madre per ordine della gelosa Sara che in tarda età aveva dato un erede legittimo al marito.
Perché questo nome?
La Bibbia che, come libro sacro, molto spesso è assai poco edificante, ci mostra queste due creature inermi intraprendere la via del deserto col misero viatico di un pane e di un otre d'acqua, collocato dallo stesso Avraham sulle spalle della schiava. 

Ma il buon patriarca aveva la coscienza tranquilla perché il Signore aveva promesso anche ad Ishmael, il cui nome significa "il Signore ascolterà", un avvenire glorioso.
E infatti, consumati il pane e l'acqua, un angelo annuncia che all'orecchio del Signore è giunto il pianto del bimbo, e la promessa è mantenuta. Il bimbo salvato sarà un nomade del deserto, abile arciere, capostipite degli Ismaeliti.

Francesco Solimena

Nomade e arciere, in qualche modo, anche l'alter ego di Melville, nonché voce narrante del romanzo, celato sotto questo eloquente nome. Il nomadismo è una categoria dello spirito, e un destino inscritto nel sangue, oggi si direbbe nei cromosomi. Il "nostro" Ishmael è un nomade acquoreo, quanto il suo omonimo biblico è terrestre e desertico, ma il desiderio è lo stesso

cacciare la malinconia e regolare la circolazione; liberarsi del novembre umido e piovigginoso

che incombe sull'anima; sfuggire all'attrazione perversa della morte. Ishmael, lucido e cosciente,

guarda la folla dei contemplatori d'acqua… nel sognante pomeriggio di sabato [...] Fissi, come sentinelle silenziose, tutto intorno alla città, [...] migliaia e migliaia di mortali perduti in fantasticherie oceaniche.

Chi sono tutti costoro?

Gente dell'interno tutti, vengono da viottoli e da vicoli, da vie e da corsi, dal nord, dall'est, dal sud e dall'ovest. E pure qui s'uniscono tutti. Ditemi, forse il potere magnetico degli aghi delle bussole di tutte quelle navi li attira qua?
[...] tutti costoro sono gente di terra; rinchiusi, nei giorni feriali, negli steccati, legati ai banchi, inchiodati ai sedili, avvinti alle scrivanie.

La loro attrazione ipnotica  per l'acqua è solo un inconsapevole anelito di libertà.

Domenico Parisi

Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l'altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l'oceano.

Se solo sapessero, come il melvilliano fratello Bartleby.
Ma il poveretto, poteva solo contemplare, dalla finestra, un muro: compatto, di solidi mattoni, abbattuto tuttavia con un cortese preferirei di no.

Attraversare il deserto, o mettersi in mare, sono uno stesso gesto di libertà, percorrere uno spazio senza centro e senza confini.

Perché, al tempo del vostro primo viaggio come passeggero, avete sentito in voi un tal brivido mistico, non appena vi hanno detto che la nave e voi stesso eravate fuori vista da terra? Perché gli antichi Persiani tenevano il mare per sacro? Perché i Greci gli fissarono un dio a parte, e fratello di Giove? Certamente tutto ciò non è senza significato. E ancora più profondo di significato è quel racconto di Narciso che, non potendo stringere l'immagine tormentosa e soave che vedeva nella fonte, vi si tuffo e annegò. Ma quella stessa immagine noi la vediamo in tutti i fiumi e negli oceani. Essa è l'immagine dell'inafferrabile fantasma della vita; e questo è la chiave di tutto.

Ishmael sa che si mette in mare per via del sano esercizio e dell'aria pura che si gode sul ponte di prora. Ma perché proprio su una baleniera? Questo non lo sa.

[...] senza dubbio la mia partecipazione a questo viaggio baleniero era parte del gran programma che la Provvidenza tracciò tanto tempo fa.

Il destino assegna a Ishmael, nel teatro della storia, una parte in un modesto intermezzo fra spettacoli più importanti, nel cartellone annunciato come

VIAGGIO A BALENE DI UN CERTO ISMAELE  

Astutamente, quei direttori di scena che sono i Fati, gli suggeriscono ragioni e motivi per bene recitare la parte, con l'illusione

che questa fosse una scelta risultante dal mio spregiudicato libero arbitrio e dal mio discernimento. 

Essenziale tra questi motivi era la travolgente idea della grande balena in carne e ossa. Un mostro tanto portentoso e misterioso sollevava tutta la mia curiosità. Poi, i mari selvaggi e remoti dov'egli voltolava la sua massa simile a un'isola, i pericoli, indescrivibili e senza nome, della caccia: queste cose, con tutte le concomitanti meraviglie di un migliaio di parvenze e di suoni patagonici, s'aggiungevano a spingermi al mio desiderio. Ad altri uomini, forse, tutto questo non sarebbe stato d'incitamento, ma, quanto a me, io sono tormentato da una smania sempiterna per le cose lontane. Mi piace navigare mari proibiti e approdare su coste barbariche. Non ignorante di ciò che è bene, sono lesto a percepire un orrore, ma non per questo, se ci riesco gli volto le spalle; dato che non è che bene mantenersi in buoni rapporti con gli inquilini del luogo dove si abita.
Per tutte queste cose, dunque, il viaggio a balene fu il benvenuto: le grandi cateratte del mondo delle meraviglie si spalancarono e, nelle selvagge fissazioni che mi spinsero al mio proposito, a due a due fluttuavano nel mio spirito infinite processioni di balene e, in mezzo a tutte, un grande fantasma incappucciato, simile a una collina di neve nell'aria.
(continua)                                                                                                                                                                                                                                                  Gralli

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