Le Sirene. Numero zero. Quasi un'introduzione

11.05.2025

OMERO
ODISSEA

(Circe a Odisseo. Libro XII, vv. 39-54)

Per prima cosa giungerai dalle Sirene
che incantano ogni uomo che le sfiori
da vicino. Chi, ignaro, si accosta e ode
la loro voce, a casa non ritorna più,
non lo festeggiano più la sposa e i figli.
Con la loro voce melodiosa le Sirene
lo incantano. Esse stanno sul prato,
tra cumuli di ossa umane: corpi putrefatti
resti di carni disfatte. Ma tu vai oltre.
Con della cera morbida tappa le orecchie
dei tuoi compagni perché nessuno
possa udirle. Tu, se vuoi godere del loro canto,
ascoltale, ma fatti legare, mani e piedi,
alla base dell'albero maestro della tua
nave veloce. E se preghi, se comandi
ai tuoi uomini di slegarti, loro devono
 stringerti con funi ancora più robuste.


(Odisseo e le Sirene. Libro XII, vv. 165-200)

Rapida intanto la bella nave giunse
all'isola delle Sirene, la sospingeva
un vento favorevole. Quando all'improvviso
il vento cadde, un demone placò le onde
e fu bonaccia sul mare. Balzarono
in piedi i miei compagni ammainarono
le vele e sulla concava nave le posarono,
poi si misero ai remi sollevando la bianca 
schiuma con i remi ben levigati. Intanto
io presi un grande disco di cera e con un ferro
appuntito lo feci in tanti piccoli pezzi
che plasmai con le mani. Rapidamente
la cera fondeva alla vampa del Sole.
Sulle orecchie dei miei compagni,
ad uno ad uno spalmai la cera ed essi
poi mi legarono, mani e piedi, alla base
dell'albero fissando ad esso le corde.
Seduti, si misero a battere con i remi
il mare bianco di schiuma. Rapida correva
la nave ma quando fummo a un tiro di voce
essa non sfuggì alle Sirene che intonarono
un dolcissimo canto: «Avvicinati, Odisseo
Glorioso, grande vanto dei Danai, ferma
la nave e ascolta la nostra voce. Nessuno
mai è passato di qui con la sua nave
senza ascoltare il nostro dolcissimo canto.
Sappiamo tutto quello che accadde nella vasta
terra di Troia, ciò che patirono Argivi
e Troiani per volontà degli dèi. Tutto sappiamo
quello che accade sulla terra feconda».
Questo cantavano con la loro voce bellissima.
E io volevo ascoltare e con gli occhi facevo cenno
ai compagni, ordinavo che mi slegassero.
Ma loro si curvavano ancor più sui remi.
E subito Perimede ed Euriloco si alzarono 
per legarmi con altre funi, ancora più stretto.
Quando le oltrepassammo, quando
non sentivamo più la loro voce, il canto,
allora i miei fedeli compagni si tolsero la cera
che avevo spalmato sulle loro orecchie
e sciolsero me dalle funi.

Mosaico pavimentale romano, Museo del Bardo Tunisi II sec. d.C. Wikipedia

Apollonnio Rodio (295-215 a.C.)

Gli Argonauti e le Sirene

 Un vento propizio spingeva la nave e ben presto avvistarono
Antamòessa, l'isola bella dove le figlie di Acheloo, le melodiose Sirene,
con canti soavi ammaliano e uccidono chiunque vi approdi.
Erano state partorite ad Acheloo da una Musa, la leggiadra Tersícore,
e avevano poi servito di Demetra la figlia gloriosa,
quando era ancora fanciulla, e avevano cantato con lei.
Ora, simili in parte a uccelli e in parte a giovani donne,
stavano sempre in agguato sul lido dal facile ormeggio,
pronte a togliere a molti il dolce ritorno, logorandoli di struggimento.
Dalle loro labbra si effondeva una voce soave. Così quei naviganti
stavano già per gettare una cima per approdare,
quand'ecco che il tracio Orfeo, figlio di Eagro, prese la sua cetra bistonica,
ne tese le corde e intonò un canto vivace dal rapido ritmo
che faceva rimbombare le orecchie.
Così sulla voce di quelle vergini prevalse la cetra.
Zefiro e un'onda sonora poi spinsero a poppa la nave,
mentre le vergini cantavano invano. Uno dei naviganti, Bute,
il nobile figlio di Teleonte, era però già saltato in mare dal banco,
vinto dalla voce soave delle Sirene, e nuotava verso di loro
attraverso le onde agitate. Oh, misero!
Gli avrebbero certamente sottratto il ritorno,
se la divina Afrodite, patrona di Erice, mossa a pietà
non lo avesse salvato, strappandolo ai flutti
per portarlo, benigna, sul Lilibeo.

Arte  della Magna Grecia Orfeo tra due sirene, 350-300 a.C.

OVIDIO
METAMORFOSI
(Proserpina e le Sirene, vv. 552-563)

Ma voi, Sirene, dotte figlie di Acheloo,
perché mai siete uccelli a metà e a metà
fanciulle? Eravate forse ancelle di Proserpina
quando coglieva i fiori di primavera? E invano
la cercaste percorrendo la terra intera
e poi sul mare in preda all'angoscia
vi posaste bramando di poter navigare
sulle onde con l'aiuto di ali. Gli dèi
vi ascoltarono, benevoli, ed ecco sulle vostre
membra crescere le penne color dell'oro.
Ma vi rimase il volto di fanciulle, e anche
la voce rimase perché non venissero meno
quel canto nato per sedurre e il dono
di quelle parole incantatrici. 

Particolare di Anfora Attica, V sec. a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma 

Poi alle sirene crebbe la coda 

 VI De Sirenis. 
 Sirenae sunt marinae puellael quaem navigantes pulcherrima for man et cantu mulcendo decipiunto et a capite usquep ad umbilicum sunt corpore virginaliq et humano generi simillimaer; squamosas ta mens piscium caudas habent, quibus sempert in gurgite latent.

6 Le Sirene.
 Le sirene sono fanciulle marine che ingannano i naviganti con il loro bellissimo aspetto ed allettandoli col canto; e dal capo fino allom belico hanno corpo di vergine e sono in tutto simili alla specie umana; ma hanno squamose code di pesce che celano sempre nei gorghi.

(Liber Monstrorum, VIII sec.  Libro I, cap. VI)

Fonte Les Animaux Magiques de Notre Univers Henri Gougaud  


Ma cos'è davvero una sirena?

Le sireneTi parlano di teQuello che eriCome fosse per sempre

Le sireneNon hanno coda né piumeCantano solo di teL'uomo di ieriL'uomo che eri a due passi dal cieloTutta la vita davantiTutta la vita interaDicono fermati qua

Le sireneTi assalgono di notteCreate dalla notteHan conservato tutti i volti che hai amato e che ora hannoLe sireneTe li cantano in coroE non sei più soloSanno tutto di teE il meglio di te

È un canto di sireneE si sente nel rimpiantoDi quanto è mancatoQuello che hai intravisto e non avraiLoro te lo dannoSolo col canto

Ti cantano di come sei venuto dal nienteE niente saraiUh uh, uh uh, uh uhUh uh, uh uh

Le sireneSono una notte di birraE non viene più l'albaSono i fantasmi di strada che arrivano a folateHanno voci di sirene (ahah)Riempi le orecchie di cera (ahah)Per non sentirle quando è seraPer rimanere saldoLegato all'abitudine

Ma se ascolti le sireneNon tornerai a casaPerché la casa èDove si canta di te

Ascolta le sireneNon smettono il cantoNella veglia infinita cantano

Tutta la tua vita

Chi eri tu, chi eri tu, chi sei tuChi eri tu, chi eri tu, chi sei tuMnemosine

Perché continuare fino a vecchiezzaFino a stare male?È già tutto quaFermati quaNon hai più dove andar

Le sireneNon cantano il futuroTi danno quel che è statoMa il tempo non è gentileE se ti fermi ad ascoltarleTi lascerai morire

Perché il canto è incessanteEd è pieno di inganniE ti toglie la vitaMentre la sta cantando

Uh uh, uh uh, uh uhUh uh, uh uhUh uh, uh uh, uh uh

 

Non sarà il canto delle sireneChe ci innamoreràL'abbiamo sentito beneL'abbiamo sentito già

E nemmeno la mano affilataDi un uomo o di una divinitàNon sarà il canto delle sireneIn una notte senza lume

A riportarci sulle nostre tracceDove l'oceano risale il fiumeDove si calmano le ondeDove si spegne il rumore

Non sarà il canto delle sireneAscoltaci, o Signore

Mio padre era un marinaioConosceva le cittàMio padre era un marinaioPartito molti mesi fa

Mio figlio non lo conosceMio figlio non lo sapràMio padre era un marinaioPartito molti mesi fa

Non sarà il canto delle sireneNel girone terrestreAd insegnarci quale ritornoAttraverso le tempeste

Quando la bussola s'incantaQuando si pianta il motoreNon sarà il canto delle sireneA addormentarci il cuore

Quando l'occhio di IsmaeleSi affaccia da dietro il soleE nella schiuma della nostra sciaQualcosa appare e scompare

Non sarà il canto delle sireneChe non ci farà guardare


Mio padre era un marinaioE andava a navigareSe l'è portato il ventoSe l'è mangiato il mare

Mio padre era un marinaioGirava le cittàMio figlio non le conosceMa le conoscerà

Non sarà il canto delle sireneChe ci innamoreràL'abbiamo sentito beneLo conosciamo già

Ma sarà il coro delle nostre donneDa una spiaggia di sassiSarà la voce delle nostre donneA guidare i nostri passi


I nostri passi nel vento
E il vento ci prende per vela
Sarà di ferro la sabbia
Sarà di fuoco la sera

Ascoltaci o Signore
Perdonaci la vita intera

Mio padre era un marinaio
Conosceva le città
Partito il mese di febbraio
Di mille mesi fa

Mio figlio non lo ricorda
Ma lo ricorderà
Mio padre era un marinaio
Mio figlio lo sarà

(Gralli)