Le Sirene. Numero zero. Quasi un'introduzione
OMERO
ODISSEA
(Circe a Odisseo. Libro XII, vv. 39-54)
Per prima cosa giungerai dalle Sirene
che incantano ogni uomo che le sfiori
da vicino. Chi, ignaro, si accosta e ode
la loro voce, a casa non ritorna più,
non lo festeggiano più la sposa e i figli.
Con la loro voce melodiosa le Sirene
lo incantano. Esse stanno sul prato,
tra cumuli di ossa umane: corpi putrefatti
resti di carni disfatte. Ma tu vai oltre.
Con della cera morbida tappa le orecchie
dei tuoi compagni perché nessuno
possa udirle. Tu, se vuoi godere del loro canto,
ascoltale, ma fatti legare, mani e piedi,
alla base dell'albero maestro della tua
nave veloce. E se preghi, se comandi
ai tuoi uomini di slegarti, loro devono
stringerti con funi ancora più robuste.

(Odisseo e le Sirene. Libro XII, vv. 165-200)
Rapida intanto la bella nave giunse
all'isola delle Sirene, la sospingeva
un vento favorevole. Quando all'improvviso
il vento cadde, un demone placò le onde
e fu bonaccia sul mare. Balzarono
in piedi i miei compagni ammainarono
le vele e sulla concava nave le posarono,
poi si misero ai remi sollevando la bianca
schiuma con i remi ben levigati. Intanto
io presi un grande disco di cera e con un ferro
appuntito lo feci in tanti piccoli pezzi
che plasmai con le mani. Rapidamente
la cera fondeva alla vampa del Sole.
Sulle orecchie dei miei compagni,
ad uno ad uno spalmai la cera ed essi
poi mi legarono, mani e piedi, alla base
dell'albero fissando ad esso le corde.
Seduti, si misero a battere con i remi
il mare bianco di schiuma. Rapida correva
la nave ma quando fummo a un tiro di voce
essa non sfuggì alle Sirene che intonarono
un dolcissimo canto: «Avvicinati, Odisseo
Glorioso, grande vanto dei Danai, ferma
la nave e ascolta la nostra voce. Nessuno
mai è passato di qui con la sua nave
senza ascoltare il nostro dolcissimo canto.
Sappiamo tutto quello che accadde nella vasta
terra di Troia, ciò che patirono Argivi
e Troiani per volontà degli dèi. Tutto sappiamo
quello che accade sulla terra feconda».
Questo cantavano con la loro voce bellissima.
E io volevo ascoltare e con gli occhi facevo cenno
ai compagni, ordinavo che mi slegassero.
Ma loro si curvavano ancor più sui remi.
E subito Perimede ed Euriloco si alzarono
per legarmi con altre funi, ancora più stretto.
Quando le oltrepassammo, quando
non sentivamo più la loro voce, il canto,
allora i miei fedeli compagni si tolsero la cera
che avevo spalmato sulle loro orecchie
e sciolsero me dalle funi.

Mosaico pavimentale romano, Museo del Bardo Tunisi II sec. d.C. Wikipedia
Apollonnio Rodio (295-215 a.C.)
Gli Argonauti e le Sirene
Un vento propizio spingeva la nave e ben presto avvistarono
Antamòessa, l'isola bella dove le figlie di Acheloo, le melodiose Sirene,
con canti soavi ammaliano e uccidono chiunque vi approdi.
Erano state partorite ad Acheloo da una Musa, la leggiadra Tersícore,
e avevano poi servito di Demetra la figlia gloriosa,
quando era ancora fanciulla, e avevano cantato con lei.
Ora, simili in parte a uccelli e in parte a giovani donne,
stavano sempre in agguato sul lido dal facile ormeggio,
pronte a togliere a molti il dolce ritorno, logorandoli di struggimento.
Dalle loro labbra si effondeva una voce soave. Così quei naviganti
stavano già per gettare una cima per approdare,
quand'ecco che il tracio Orfeo, figlio di Eagro, prese la sua cetra bistonica,
ne tese le corde e intonò un canto vivace dal rapido ritmo
che faceva rimbombare le orecchie.
Così sulla voce di quelle vergini prevalse la cetra.
Zefiro e un'onda sonora poi spinsero a poppa la nave,
mentre le vergini cantavano invano. Uno dei naviganti, Bute,
il nobile figlio di Teleonte, era però già saltato in mare dal banco,
vinto dalla voce soave delle Sirene, e nuotava verso di loro
attraverso le onde agitate. Oh, misero!
Gli avrebbero certamente sottratto il ritorno,
se la divina Afrodite, patrona di Erice, mossa a pietà
non lo avesse salvato, strappandolo ai flutti
per portarlo, benigna, sul Lilibeo.

Arte della Magna Grecia Orfeo tra due sirene, 350-300 a.C.
OVIDIO
METAMORFOSI
(Proserpina e le Sirene, vv. 552-563)
Ma voi, Sirene, dotte figlie di Acheloo,
perché mai siete uccelli a metà e a metà
fanciulle? Eravate forse ancelle di Proserpina
quando coglieva i fiori di primavera? E invano
la cercaste percorrendo la terra intera
e poi sul mare in preda all'angoscia
vi posaste bramando di poter navigare
sulle onde con l'aiuto di ali. Gli dèi
vi ascoltarono, benevoli, ed ecco sulle vostre
membra crescere le penne color dell'oro.
Ma vi rimase il volto di fanciulle, e anche
la voce rimase perché non venissero meno
quel canto nato per sedurre e il dono
di quelle parole incantatrici.

Particolare di Anfora Attica, V sec. a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma
Poi alle sirene crebbe la coda
VI De Sirenis.
Sirenae sunt marinae puellael quaem navigantes pulcherrima for
man et cantu mulcendo decipiunto et a capite usquep ad umbilicum
sunt corpore virginaliq et humano generi simillimaer; squamosas ta
mens piscium caudas habent, quibus sempert in gurgite latent.
6 Le Sirene.
Le sirene sono fanciulle marine che ingannano i naviganti con il
loro bellissimo aspetto ed allettandoli col canto; e dal capo fino allom
belico hanno corpo di vergine e sono in tutto simili alla specie umana;
ma hanno squamose code di pesce che celano sempre nei gorghi.
(Liber Monstrorum, VIII sec. Libro I, cap. VI)

Fonte Les Animaux Magiques de Notre Univers Henri Gougaud
Ma cos'è davvero una sirena?

Le sirene
Ti parlano di te Quello che eri Come fosse per sempreLe sirene
Non hanno coda né piume Cantano solo di te L'uomo di ieri L'uomo che eri a due passi dal cielo Tutta la vita davanti Tutta la vita intera Dicono fermati quaLe sirene
Ti assalgono di notte Create dalla notte Han conservato tutti i volti che hai amato e che ora hanno Le sirene Te li cantano in coro E non sei più solo Sanno tutto di te E il meglio di teÈ un canto di sirene
E si sente nel rimpianto Di quanto è mancato Quello che hai intravisto e non avrai Loro te lo danno Solo col cantoTi cantano di come sei venuto dal niente
E niente sarai Uh uh, uh uh, uh uh Uh uh, uh uhLe sirene
Sono una notte di birra E non viene più l'alba Sono i fantasmi di strada che arrivano a folate Hanno voci di sirene (ahah) Riempi le orecchie di cera (ahah) Per non sentirle quando è sera Per rimanere saldo Legato all'abitudineMa se ascolti le sirene
Ascolta le sirene Non tornerai a casa Perché la casa è Dove si canta di te Non smettono il canto Nella veglia infinita cantanoTutta la tua vita
Chi eri tu, chi eri tu, chi sei tu
Chi eri tu, chi eri tu, chi sei tu MnemosinePerché continuare fino a vecchiezza
Fino a stare male? È già tutto qua Fermati qua Non hai più dove andarLe sirene
Non cantano il futuro Ti danno quel che è stato Ma il tempo non è gentile E se ti fermi ad ascoltarle Ti lascerai morirePerché il canto è incessante
Ed è pieno di inganni E ti toglie la vita Mentre la sta cantandoUh uh, uh uh, uh uh
Uh uh, uh uh Uh uh, uh uh, uh uh
Non sarà il canto delle sirene
Che ci innamorerà L'abbiamo sentito bene L'abbiamo sentito giàE nemmeno la mano affilata
Di un uomo o di una divinità Non sarà il canto delle sirene In una notte senza lumeA riportarci sulle nostre tracce
Dove l'oceano risale il fiume Dove si calmano le onde Dove si spegne il rumoreNon sarà il canto delle sirene
Ascoltaci, o SignoreMio padre era un marinaio
Conosceva le città Mio padre era un marinaio Partito molti mesi faMio figlio non lo conosce
Mio figlio non lo saprà Mio padre era un marinaio Partito molti mesi faNon sarà il canto delle sirene
Nel girone terrestre Ad insegnarci quale ritorno Attraverso le tempesteQuando la bussola s'incanta
Quando si pianta il motore Non sarà il canto delle sirene A addormentarci il cuoreQuando l'occhio di Ismaele
Si affaccia da dietro il sole E nella schiuma della nostra scia Qualcosa appare e scompareNon sarà il canto delle sirene
Che non ci farà guardare
Mio padre era un marinaio E andava a navigare Se l'è portato il vento Se l'è mangiato il mare
Mio padre era un marinaio
Girava le città Mio figlio non le conosce Ma le conosceràNon sarà il canto delle sirene
Che ci innamorerà L'abbiamo sentito bene Lo conosciamo giàMa sarà il coro delle nostre donne
Da una spiaggia di sassi Sarà la voce delle nostre donne A guidare i nostri passi
I nostri passi nel vento
E il vento ci prende per vela
Sarà di ferro la sabbia
Sarà di fuoco la sera
Ascoltaci o Signore
Perdonaci la vita intera
Mio padre era un marinaio
Conosceva le città
Partito il mese di febbraio
Di mille mesi fa
Mio figlio non lo ricorda
Ma lo ricorderà
Mio padre era un marinaio
Mio figlio lo sarà
(Gralli)