L'ultimo Natale di guerra
Questa raccolta uscì postuma nel 2000, ma i racconti che la compongono erano già stati pubblicati su varie riviste in tempi diversi; non si tratta dunque di un raschiamento del barile, come si dice, quando eredi ed editori frugano fra le carte del defunto scrittore, non sempre a scopi filologici, per pubblicare testi che magari non erano stati rivisti o non destinati alla pubblicazione. In questo caso si tratta di una operazione di recupero di lavori che sarebbero andati dispersi.
La raccolta per questo motivo è piuttosto eterogenea, i temi sono diversi: ricordi della prigionia, episodi d'infanzia, racconti surreal-fantascientifici, nei quali la scienza - che pure era stata fondamentale per la sua professione di chimico e per la sua formazione potremmo dire filosofica, in senso lato – viene messa in discussione, considerata nei suoi aspetti ambivalenti e nelle sue non sempre univoche influenze sulla vita dell'uomo.
Abbiamo qui un'ulteriore dimostrazione della vastità e della profondità di pensiero di un intellettuale in cui la competenza tecnico-scientifica si fonde con la cultura umanistica, in una continua ricerca di significati.
Primo Levi si avventurò, con audacia e successo, in diversi territori letterari (tranne il romanzo): articoli, saggi, racconti di vario tipo, poesie; ma le sue opere più note Se questo è un uomo e La tregua hanno oscurato, almeno per il grande pubblico, gli altri suoi lavori; con questa proposta vorrei, per quel che posso, contribuire alla conoscenza dell'altro Primo Levi, in questo caso l'autore di racconti.

A tutti gli effetti, noi eravamo morti al mondo. Eppure un pacco arrivò fino a me, mandato da mia sorella e da mia madre nascoste in Italia, attraverso una catena di amici [...] Il pacco conteneva cioccolato autarchico, biscotti e latte in polvere, ma per descrivere il suo effettivo valore, l'urto che esercitò su me e sul mio amico Alberto, il linguaggio ordinario si trova in difetto. Mangiare, cibo, fame, erano i termini che in Lager volevano dire cose totalmente diverse da quelle usuali: quel pacco, inatteso, improbabile, impossibile, era come un meteorite, un oggetto celeste, carico di simboli: di valore immenso, e di immensa forza viva. Non eravamo più soli: un legame col mondo di fuori era stato stabilito. E c'erano cose deliziose da mangiare per giorni e giorni. Ma c'erano anche problemi pratici gravi, da risolvere all'istante: ci trovavamo nella situazione di un passante a cui venga donato in piena strada un lingotto d'oro. Dove metterlo? Come conservarlo? Come sottrarlo alla cupidigia degli altri? Come investirlo? La nostra fame vecchia di un anno ci spingeva alla soluzione peggiore: mangiare subito tutto.
Dovevamo resistere alla tentazione, i nostri stomaci indeboliti non avrebbero retto alla prova, entro un'ora tutto sarebbe finito in una indigestione se non peggio. Non avevamo nascondigli sicuri.
Distribuimmo i viveri in tutte le tasche legali dei nostri abiti, ci cucimmo tasche illegali nel dorso della giacca, in modo che, anche nel caso di una perquisizione, qualcosa si potesse salvare; ma portarsi tutto quanto dietro, anche sul lavoro, anche al lavatoio e alla latrina, era scomodo e goffo.

Dalla postfazione di Marco Belpoliti "Animali e fantasmi"
[...] Definire quale tipo di narratore breve sia Levi non è facile. Nell'arco della sua attività di autore ha sperimentato diversi tipi di racconto, da quello realistico al fantastico, dal racconto fantascientifico e fantabiologico al bozzetto, dalla parabola alla novella drammatica e allo "scherzo", passando per la detective story e il rifacimento dichiarato. E questa pluralità di registri narrativi a volte si alterna all'interno di uno stesso racconto. I caratteri comuni ai racconti di Levi sono: la brevità, l'unità dell'evento raccontato, la conclusione che sfrutta a fondo le premesse o l'antefatto, la vocazione moraleggiante. Levi è uno scrittore a forte valenza pedagogica: cerca di persuadere senza commuovere: fornisce al lettore un distillato di pensieri e riflessioni, non di sentimenti. E' insomma uno scrittore che punta decisamente sull'intelligenza del lettore, sullo scatto mentale.
[...] In quasi ogni racconto di Levi si percepisce un sottofondo epico, il retaggio della novella ottocentesca italiana, oltre agli echi ben distinti di scrittori d'avventura - De Foe, Stevenson, Conrad, Verne, Kipling -, insieme al piacere dell'affabulazione tipico di chi ha scoperto la letteratura sulle pagine dei libri di racconti nell'infanzia e nell'adolescenza. Per altri aspetti, nei libri degli anni Settanta, Levi appare come un autore attento allo "sperimentalismo", alle sue innovazioni, in particolare alle tecniche narrative, forse recepite per via indiretta più che dalla lettura dei testi. Insomma, Levi è un impasto di qualità narrative e letterarie molto strane e diverse, un ibrido, o meglio un centauro, come gli piaceva definirsi.

Qui il racconto che dà il titolo alla raccolta, in versione integrale.
I Natali di guerra non finiscono mai
Gralli
