L'utopia è un Umanesimo 3
Ancora qui, in questo u-luogo, di difficile accessibilità, ma dal quale, una volta entrati è difficile uscire, perché si crede di essere nell'isola-che-non-c'è, ma in realtà è lei che è entrata nella nostra testa. Come questo piccolo libro che da giorni e giorni leggo e rileggo.
Sembra facile camminare in questo eu-luogo, tutto edificato in pianura, liberi dall'autorità divina, sottoposti solo a quella umana, in tutta tranquillità, dove non ci sono contrasti.

Francesco di Giorgio Martini, veduta ideale di città fantastica, 1495 circa
L'uniformità è uno dei caratteri principali dei paesi di Utopia.
Le città sono tutte uguali, vista una le hai viste tutte; gli abitanti indossano abiti tutti uguali.
Si vede che nel pensiero di coloro che si preoccupano del benessere collettivo dell'umanità, l'«uniforme» è uno degli elementi più sicuri di benessere. Perché? L'uniformità doma l'agitazione, aiuta il pensiero a posarsi, spegne ogni fuoco dell'anima.
Savinio gioca sulla doppia accezione del termine uniforme: uniformità e uniforme come abito.
Nei paesi di Utopia gli abitanti sono vestiti in maniera uniforme, quanto dire che vestono quell'abito eguale per tutti che è il segno della loro uniformità mentale, e uno dei capisaldi del collettivismo.

Fonte: https://www.losbuffo.com/2017/04/21/la-moda-uguale-per-tutti/ (modificato)
Savinio qui non commenta, descrive.
La monotonia fa gli uomini fratelli, tanto più fratelli in quanto per monotonia i fratelli non riescono nemmeno più a riconoscersi fra loro. Uniformità è anche nell'architettura.
Il discorso si chiude con una neutra annotazione urbanistica.
Erano più di quattro secoli che l'ideale di Le Corbusier fioriva nella mente del Cancelliere di Enrico VIII. Prima che dai nostri architetti, l'architettura funzionale è stata pensata dai costruttori di utopie.

Antica pianta di Terra del Sole, presso Forlì. (Wikipedia)
Sembra quasi di cogliere in Savinio un certo imbarazzo, egli, sostenitore del dilettantismo, alla maniera di Stendhal, avverso alla univerità, ed estimatore del pensiero utopico di Moro e del suo umanesimo etico, può davvero credere che dall'uniformità possa nascere la società perfetta? Si astiene dal giudizio, lascia ai lettori, implicitamente, l'ardua sentenza, o si avvale della facoltà di non rispondere?
Sotto la voce Variazioni si trovano alcune riflessioni sulla schiavitù, sui costumi sessuali, sull'astrologia, sulle religioni.
In Utopia c'è la schiavitù. Su questo argomento si ha la fastidiosa impressione che Savinio voglia tergiversare (e non è la prima volta) nel senso etimologico del termine: volgere le terga, fuggire davanti ad un argomento insidioso. Dopo alcune, poche, parole di deplorazione, passa a riferire dell'alto numero di schiavi in Grecia, quattordici a uno, dove l'uno è l'uomo libero ça va sans dire. E della Repubblica platonica dove questa forza lavoro è il reparto delle macchine.

Minatore, vaso V sec. a.C. Fonte National Geographic
Segue un edificante discorso sulla schiavitù volontaria; un numero esiguo di esseri umani sceglie la libertà, la gran parte preferisce la condizione di rassicurante protezione della schiavitù. Un numero ancora minore, esiguo, comprende coloro che godono della libertà più assoluta,
Ossia esenti da ogni idea trascendente (Dio, Verità Unica, Scienza).
La scienza è una pratica, è quanto di meno trascendente ci possa essere. Idolatrarla significa alterarne l'essenza, farla diventare un'altra cosa.
C'è poi la schiavitù di coloro che fanno funzionare le macchine, già denunciata in Tempi moderni da Chaplin; ma non una parola sugli schiavi di Utopia, perchè?

Chaplin in Tempi moderni. Fonte: https://www.inchiostronero.it
Per quanto riguarda i costumi sessuali veniamo a sapere che, nella Repubblica e nella Città del sole, c'è il comunismo delle donne, ma è a senso unico; in Utopia vige la monogamia, anche se c'è il divorzio. Moro viene definito femminista, in quanto «protestante».
Gli Utopiani non praticano l'astrologia, ma
Moro non aveva capito che l'astrologia, ossia il cercare la «parentela» tra l'uomo e le cose universali, è l'«evoluzionismo protratto alla parte metafisica della vita».
Francamente questa non l'ho capita.

Illustrazione da un manoscritto alchemico del 1687 che raffigura la Terra in posizione geocentrica tra il Sole e la Luna
Religione.
«Non solo nelle varie regioni dell'isola, ma anche nelle singole città svariate sono le religioni. Alcuni venerano il sole, altri la luna, altri una delle stelle erranti. Ce ne sono che onorano non soltanto come, ma addirittura quale sommo dio, un uomo che una volta fu egregio per le sue virtù. Ma la maggior parte, che è poi la più saggia, non ammette nulla di tutto ciò, ma crede che vi sia una sola divinità inconoscibile, eterna, immensa e inspiegabile, al di sopra di ogni umana capacità, la quale è diffusa in tutto questo universo pel suo influsso, non già corporalmente; e tale divinità chiamano Padre».
Pluralismo di culti, anche se un credo è superiore a tutti gli altri, ma afferma Savinio

Fonte https://interestingpress.blogspot.com/2020/04/gli-adoratori-del-sole.html
Come fondatore di utopie, Moro ha ancora da imparare. Egli non ha capito che, innalzando Dio oltre l'esplicabile, non si restituisce l'uomo a se stesso, ossia non lo si fa libero. [...] Il problema della libertà è direttamente connesso con l'esistenza di Dio. L'uomo non sarà libero finché Dio esisterà, [...] Incompatibile è l'idea di Dio con l'idea di Utopia.
La costruzione dell'Utopia, che pone la felicità in terra e non nell'aldilà, non si concilia con l'esistenza di Dio, tanto più se lo si concepisce come qualcosa di infinito e inconoscibile. Paradossalmente è più perfetta l'Utopia che riduce la divinità a qualcosa di finito, il Sole o qualche altro astro. Quod Graeci intellexerunt.
C'è una cosa curiosa: Moro dice che è lo stesso dio supremo ad ispirare le molteplici divinità minori, per ottenere riti svariati e molteplici. Un'idea bizzarra, quasi comica, ironia fredda? si domanda Savinio
(Continua) (Gralli)