Niente per scontato

13.11.2025

Questa settimana ho imparato, ancora una volta, che non bisogna mai dare nulla per scontato. La prima occasione di ricordare questo indispensabile insegnamento mi è stata data dalla lettura di un brano di Alberto Manguel, scrittore e bibliofilo, noto per essere stato amico di Borges: 

 La visibile rappresentazione della nostra curiosità - il punto di domanda collocato al termine di una interrogazione scritta, nella maggioranza degli idiomi occidentali, avvolto su sé stesso a sfidare il dogmatico orgoglio - è arrivato tardi nella storia. L'interpunzione non fu resa convenzionale in Europa prima del tardo Rinascimento, quando, nel 1566, il nipote del grande tipografo veneziano Aldo Manuzio pubblicò un manuale di punteggiatura per compositori tipografici, l'Interpungendi ratio. E tra i segni ideati per concludere un paragrafo, il manuale includeva il medievale punctus interrogativus, definito da Aldo Manuzio il Giovane un segno che indicava una domanda che convenzionalmente richiedeva una risposta. Uno dei primi esempi d'uso di questo punto interrogativo è contenuto nella copia del sesto secolo di un testo di Cicerone, conservato alla Biblioteca nazionale di Parigi, ed è simile a una scala che si innalza a volute in linea diagonale verso destra da un punto in basso a sinistra. Fare domande ci eleva. 

 (da Alberto Manguel, "Una storia naturale della curiosità") 

 Nella mia riconosciuta ignoranza avevo sempre dato per scontato che il punto interrogativo (un tempo noto anche come punto domandativo) e il suo fratello esclamativo fossero nati insieme agli alfabeti ma è stata sufficiente una rapida ricerca su internet per rendermi conto che mi sbagliavo. Ecco cosa si può leggere su Wikipedia:

 In greco antico, la funzione di contrassegnare una domanda, espressa oggi col punto interrogativo, era demandata a un punto e virgola ";" (Ερωτηματικό). Nel corso dei secoli tale convenzione (che comunque persiste nella lingua greca moderna) decadde e, per tutta l'età antica, non si usarono segni particolari per esprimere l'intonazione interrogativa. Il punto interrogativo vero e proprio nacque nel Medioevo, all'epoca dei monaci copisti: essi infatti solevano, per indicare le domande, scrivere alla fine delle frasi la sigla qo, che stava per quaestio (dal latino, domanda). Per evitare di confondere questa sigla con altre, in seguito cominciarono a scrivere le due lettere che la componevano, l'una sull'altra e a stilizzarle, mutando la Q in un ricciolo e la O in un punto, dando così vita al punto interrogativo. 

 Secondo alcuni studiosi, sarebbe stato concepito dal pensatore e teologo Alcuino di York (735-804), vissuto alla corte di Carlo Magno nell'VIII secolo d.C., per poi diffondersi in tutto il Sacro Romano Impero per volere del sovrano, affermandosi in via definitiva intorno al X secolo. Il punto esclamativo ha un'origine simile. I copisti medievali, infatti, per indicare la sorpresa o la gioia in una frase scrivevano alla fine di essa la parola latina "io", che significava "evviva". Nel corso del tempo la i si spostò al di sopra della o divenendo così l'asta del punto esclamativo, mentre il punto stesso si formò dal rimpicciolirsi della o. Il carattere tipografico corrispondente è stato introdotto nella stampa solo fra il XVI e il XVII secolo. 

 Il secondo motivo per ricordarmi di non dare nulla per scontato mi è stato dato dal cinquantesimo anniversario dell'omicidio di Pier Paolo Pasolini. Avevo sempre dato per buono, senza mai leggerlo, che lo scrittore, dopo gli scontri tra studenti e polizia avvenuti all'Università di Roma il 1° marzo 1968 nella cosiddetta battaglia di Valle Giulia, si fosse schierato coi poliziotti e contro i manifestanti. 

 Nell'occasione dell'anniversario la Destra ha iniziato una offensiva per appropriarsi dell'eredità culturale di Pier Paolo Pasolini che è giunta al suo culmine con una intervista rilasciata da Federico Mollicone il 28 ottobre 2025 al giornale Il Foglio. L'onorevole Mollicone è un deputato di Fratelli d'Italia che, per le sue benemerenze culturali (la principale delle quali è il Diploma di liceo linguistico), è stato nominato Presidente della VII Commissione della Camera, quella che si occupa di Cultura, Istruzione, Scienza, Ricerca e così via.
Nell'intervista Mollicone affermava tra l'altro che Pasolini fu fascista, anche se la sinistra lo strumentalizza, e che fascista fu suo fratello. Il fratello minore di Pasolini, Guido, fu in realtà un partigiano, che morì appena diciannovenne nei fatti legati all'eccidio di Porzûs, tragico episodio della Resistenza Italiana in cui diciassette partigiani delle Brigate Osoppo furono trucidati da partigiani comunisti. Pasolini stesso, afferma sempre Mollicone, "da ragazzo, scrisse su Architrave e Setaccio", le riviste ufficiali del GUF e della Gioventù italiana del Littorio.
 Il deputato dimentica o finge di dimenticare che, negli anni intorno al 1940, un giovane scrittore non poteva in Italia scrivere su riviste di diverso orientamento politico. Peraltro, il clima dell'epoca, l'iscrizione ai GUF e la partecipazione di giovani antifascisti ai Littoriali sono stati ben descritti da chi quei tempi li ha vissuti come, ad esempio, Ruggero Zangrandi ("Il lungo viaggio attraverso il fascismo. Contributo alla storia di una generazione").

 Le menzogne e le strumentalizzazioni che infangano la memoria di Pasolini mi hanno indotto a fare una cosa che in precedenza avevo colpevolmente omesso: leggere nella sua interezza la poesia Il PCI e i giovani, pubblicata su L'Espresso del 16 giugno 1968. La si trova facilmente in rete, ad esempio qui:

https://www.cittapasolini.com/post/16-giugno-1968-viene-pubblicato-il-pci-ai-giovani-di-pier-paolo-pasolini

Lo stesso Pasolini definì la poesia "un insieme di brutti versi" e obiettivamente è difficile dargli torto ma, per quanto possa essere brutta sul piano formale e confusa su quello dei contenuti, dopo averla letta tutta e non solo quattro o cinque versi estrapolati dal contesto, è davvero difficile affermare che Pasolini stava con la polizia. Certo gli studenti sono "figli di papa": 

 Avete facce di figli di papà.
 Vi odio come odio i vostri papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
 Siete pavidi, incerti, disperati (benissimo!)
ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati:
 prerogative piccolo-borghesi, cari.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti.
 Perché i poliziotti sono figli di poveri. 

 Ma poi rivolge il suo sguardo ai poliziotti: 

 E poi, guardateli come li vestono:
come pagliacci, con quella stoffa ruvida, che puzza di rancio
 furerie e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
 (per una quarantina di mille lire al mese):
 senza più sorriso, senza più amicizia col mondo, separati,
 esclusi (in un tipo d'esclusione che non ha uguali);
 umiliati dalla perdita della qualità di uomini
 per quella di poliziotti (l'essere odiati fa odiare).
 Hanno vent'anni, la vostra età, cari e care.
 Siamo ovviamente d'accordo contro l'istituzione della polizia.
 Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
 I ragazzi poliziotti
 che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
 risorgimentale)
 di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all'altra classe sociale.
 A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
 di lotta di classe: e voi, cari (benché dalla parte
 della ragione) eravate i ricchi,
 mentre i poliziotti (che erano dalla parte
 del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, 
 la vostra! In questi casi,
 ai poliziotti si danno i fiori, cari. 

 Pasolini non è dalla parte dei poliziotti: sono i giovani a essere dalla parte della ragione, i poliziotti dalla parte del torto. La poesia è una sollecitazione per gli studenti a lasciarsi alle spalle la loro appartenenza borghese e andare verso gli operai e ad impadronirsi del PCI: 

 Ma andate, piuttosto, pazzi, ad assalire Federazioni!
 Andate a invadere Cellule!
 andate ad occupare gli usci
 del Comitato Centrale: Andate, andate
 ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure! 
 Se volete il potere, impadronitevi, almeno, del potere
 di un Partito che è tuttavia all'opposizione
 (anche se malconcio, per la presenza di signori 
 in modesto doppiopetto, bocciofili, amanti della litote,
 borghesi coetanei dei vostri schifosi papà)
 ed ha come obiettivo teorico la distruzione del Potere.
 Che esso si decide a distruggere, intanto,
 ciò che un borghese ha in sé, dubito molto, anche col vostro apporto,
 se, come dicevo, buona razza non mente…
 Ad ogni modo: il Pci ai giovani, ostia! 

La poesia termina con parole che non hanno bisogno di commento: 

Ma son giunto sull'orlo della vergogna.
Oh Dio! che debba prendere in considerazione
 l'eventualità di fare al vostro fianco la Guerra Civile
 accantonando la mia vecchia idea di Rivoluzione?

 A fianco degli studenti anche quando combattono contro i poliziotti.
 Questo invito ai giovani a operare l'ultima scelta ancora possibile in favore di ciò che non è borghese è diventato, in questi cinquant'anni, "la gioia di "postfascisti", ciellini, sindacati gialli, teste da talk-show, scrittori tuttologi esternazionisti, commentatori pavloviani. Ogni volta che si manifesta il conflitto sociale e la polizia interviene a reprimerlo riparte, come lo ha chiamato un cattivo maestro, "l'infame mantra" su Pasolini che stava con la polizia e i manganelli. Con quel mantra si è giustificato ogni ricorso alla violenza da parte delle forze dell'ordine. Bastonate, candelotti sparati in faccia, gas tossici, l'uccisione di Carlo Giuliani, l'irruzione alla scuola Diaz di Genova, la solidarietà di corpo agli assassini di Federico Aldrovandi eccetera. Periodicamente, frasi decontestualizzate sui manifestanti "figli di papà" e i poliziotti proletari sono usate contro precari, sfrattati o popolazioni che si oppongono alla devastazione del proprio territorio."
 Queste parole sono tratte da un interessante articolo scritto dieci anni fa, per il quarantesimo anniversario dell'uccisione di Pasolini: Wu Ming 1, "La polizia contro Pasolini, Pasolini contro la polizia", 29.10.2015 

  https://www.internazionale.it/reportage/wu-ming-1/2015/10/29/pasolini-polizia-anniversario-morte

Nello stesso articolo si trovano interessanti citazioni di Pasolini come questa, sempre in merito alla Polizia: 

 La polizia italiana si configura quasi come l'esercito di una potenza straniera, installata nel cuore dell'Italia. Come combattere contro questa potenza e questo suo esercito? […] Noi abbiamo un potente mezzo di lotta: la forza della ragione, con la coerenza e la resistenza fisica e morale che essa dà. È con essa che dobbiamo lottare, senza perdere un colpo, senza desistere mai. I nostri avversari sono, criticamente e razionalmente, tanto deboli quanto sono poliziescamente forti: non potranno mentire in eterno. 

 Non proprio le parole di qualcuno che sta dalla parte della Polizia. Nell'articolo si trovano anche esempi di quelle invettive che stampa e intellettuali di destra inflissero per anni a Pasolini, in una vera e propria strategia di linciaggio e mistificazioni.
Un solo esempio, in uno scritto di Gianna Preda, pseudonimo di Maria Giovanna Pazzagli Predassi (1922-1981) che è celebrata ancora oggi su blog di destra come "la signora del giornalismo libero", "fuori dal coro", "mai moralista né oscurantista". Gianna Preda coltiva nei confronti di Pasolini un'autentica ossessione omofobica, sessuofobica e ideologica. Spesso si riferisce allo scrittore/regista chiamandolo "la Pasolina". Per gli omosessuali, descritti come artefici di loschi complotti, conia il termine "pasolinidi". Va avanti per anni, proseguendo anche dopo la morte del poeta, a scrivere cose di questo tipo: 

 [Pasolini] ha potuto, con immutata disinvoltura, continuare a confondere le questioni del bassoschiena con quelle dell'antifascismo […] Una segreta alleanza […] fa dei 'capovolti' il partito più numeroso e saldo d'Italia; un partito che, attraverso i suoi illustri esponenti, finisce sempre col far capo o col rendere servizi al Pci […] Il 'capovolto' sente, a naso, quel che gli conviene e dove deve appoggiarsi, se non vuole rendere conto all'opinione pubblica di quello che essa giudica ancora un vizio […] Così nasce un nuovo mito… [A celebrarlo] pensano poi i giornali di sinistra, che riescono a camuffare da eroismo la paura segreta di questo o quel 'capovolto' clandestino. Luminose saranno le sorti dei pasolinidi d'Italia. Già si avvertono i segni delle fortune di coloro che hanno scoperto troppo tardi il vantaggio d'esser pasolinidi. […] Se avremo, dunque, nuovi scontri con i marxisti […] prima di pensare a coprirci il petto, preoccupiamoci di coprirci le terga… 

 Pasolini veniva denunciato, aggredito, tormentato e offeso ma almeno, allora, nessuno lo iscriveva tra le file dei fascisti. Per chi fosse interessato ad approfondire il tema della decontestualizzazione delle parole di Pasolini propongo la lettura di: "Cinque frasi di Pasolini, ricontestualizzate (su "il Post", 2.11.2025) https://www.ilpost.it/2025/11/02/pasolini-frasi/

DrRestless(Roberto Gerbi)