Spiriti del Natale

04.12.2025

 Nell'Inghilterra vittoriana alla tradizione dei canti di Natale ispirati, a buoni propositi e sentimenti, alla Dickens per intenderci, se ne contrapponeva un'altra, non meno seguita e apprezzata: i giornali più popolari pubblicavano storie di fantasmi, non proprio dell'orrore, ma abbastanza spaventosi. Del resto sappiamo che la vigilia di Natale era dedicata proprio ai racconti del soprannaturale ascoltati rabbrividendo, e non solo di freddo, davanti al caminetto.
Gli autori solitamente erano poco noti e, immaginiamo di non grande livello, ma scrittori di rango e di fama non hanno disdegnato di cimentarsi in questo genere letterario.
I fantasmi sono diafani e incorporei, ma se si mettono tutti assieme, come in questo libro - sessanta racconti in più di mille pagine, - acquistano una certa sostanza, alla quale contribuiscono anche alcuni "autori di peso" quali  Joyce, Lovecraft, Jerome, Carroll, Barrie, Alcott, Hawthorne, Gaskell, Scott, Conand Doyle. Insomma un compendio spettrale di tutto rispetto, una pacchia per gli appassionati del genere, l'occasione per fare o farsi un regalo.

Qualche apparizione


Ballata dei fantasmi natalizi

Di tra il bagliore di luna e dei ceppi, 
in certe sere d'inverni remoti,
ci dilettava evocare fantasmi,
per agghiacciarvi quel sangue vivace.
Quanto assennati e più saggi da allora!
Larva a Natale non v'è che ci geli
fuori di quelle che meste si schierano,
l'ombre che a nostro talento evocammo.

La notte di Natal – si sussurrava –
ogni animale negli stabbi parla,
invece noi, un anno dopo l'altro,
perdiamo la parola; ma non credo
si debbano scordare cose viste,
e voci dal silenzio che bisbigliano,
e bianche forme che a Natale fioccano –
l'ombre che a nostro talento evocammo.

Oh, il coro rusticale! Via, fanciulli,
cantate a mezzanotte le pie carole!
Oh, rilucete tra brume e pantani
voi, fulvi natalizi focolari!
Si discacci il timore, abbasso il cruccio,
e scendiamo gioiosi lungo i clivi;
e benvenute, che vadano o vengano,
l'ombre che a nostro talento evocammo!

COMMIATO
Amico, sursum corda ! Prima o poi
dovremo congedarci dal banchetto;
però tu non scordartele, e non piangerle,
l'ombre che a nostro talento evocammo.

 (Andrew Lang)

Canzone delle ombre

 Carezza, musico, tenui le corde
con la tua mano sottile;
struggonsi ardendo candele stellanti,
la sabbia frana giù fine;
guaiola il bracco vecchiotto nel sonno,
lenta s'estingue la brace;
lungo i muri in ressa l'ombre
vengono, e vanno.
Carezza, musico, lieve le corde,
montano in ore i minuti;
sull'impannata la gelata intesse
un labirinto di fiori;
ospita spettri l'aria che s'abbruna:
stan sull'uscio ad origliare
dalle note attratti, in sogno,
a casa ancora.
(Walter John de la Mare)


La neve

La seconda Mrs Ryder era una giovane donna che non si spaventava facilmente. Ora, però, si trovava nel corridoio buio, dove si sosteneva appoggiandosi alla parete, una mano sul cuore, intenta a guardare il riquadro grigio della finestra oltre la quale la neve continuava a cadere in larghe falde alla luce del lampione.
L'andito in cui era venuta a trovarsi metteva lo studio in comunicazione con la sala da pranzo, e la finestra dava sulla viuzza acciottolata che costeggiava il prato della cattedrale. Quando aveva volto lo sguardo lungo il corridoio non poteva esser sicura che la donna fosse lì. Che assurdità da parte sua! Sapeva che la donna non era lì. Ma se davvero non c'era, come le riusciva possibile distinguere con tanta chiarezza l'antiquata mantella grigia, le grigie chiome scomposte e il profilo risentito di quella guancia pallida, di quel mento aguzzo? Sì, e più ancora: il lungo strascico dell'abito grigio a balze ricadente fino al suolo, il bagliore di quell'anello d'oro sulla mano bianca. No. No. NO . Quella era follia pura. Lì non c'era niente e nessuno. Un'allucinazione…
Assai fioca, ebbe l'impressione che una voce le giungesse all'orecchio: "Ti avevo avvertita. Questa è l'ultima volta…".
Che balordaggine senza senso! Ma fino a che punto era frutto della sua immaginazione? Piccoli rumori domestici, dell'acqua che scorreva da un rubinetto lasciato aperto da qualche parte, una voce sommessa proveniente dalla cucina… semplicemente questo, e forse qualcos'altro ancora, aveva finito per tradursi in una voce immaginaria. "L'ultima volta…"
Ma il terrore che ne provava era reale. Di norma, nulla la spaventava. Era giovane, sana e audace, appassionata di sport, di caccia, di tiro a segno, di ogni attività che comportasse qualche rischio. Ma adesso il terrore la paralizzava: non poteva muovere un muscolo, non riusciva ad avanzare lungo il corridoio come avrebbe voluto fino a ritrovare la luce, il calore, la sicurezza della sala da pranzo. (Hugh Walpole)

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