Titoli tradotti... male (3)

23.10.2025

Chi ha tempo e voglia di fare una ricerca di libri dal titolo "Tutta colpa di…" si troverà davanti pagine e pagine di esempi. Tra i più curiosi la raccolta di racconti di Irvine Welsh Reheated Cabbage (2009), "cavolo riscaldato", che Guanda ha pubblicato come Tutta colpa dell'acido, forse la verdura era andata a male? 

 Copertina originale, 2009 Una certa perversa fantasia è stata necessaria alla Piemme per tradurre come Tutta colpa del tacco 12 il romanzo di Amy Silver Confessions of a Reluctant Recessionista (2009), "confessioni di una recessionista riluttante". Ma chi è una recessionista? La parola ha avuto in inglese una effimera popolarità proprio intorno alla data di pubblicazione del libro e significa "una persona che è in grado di rispettare un budget limitato pur riuscendo comunque a vestirsi con stile. È super elegante, sempre in grado di offrire un giro di drink e sembra che indossi un vestito nuovo ogni volta che la incontri. E in questa economia, ha molto da insegnarci". (Kaylea Livingston, su "Urban Dictionary", 17.10.2008) È inimmaginabile la ragione per cui una recessionista, seppure riluttante, debba accusare un tacco a spillo: si è infilato in una grata? le ha procurato una distorsione? Una ipotesi è che il titolo abbia qualche attinenza con Le ragazze cattive portano i tacchi alti, romanzo della scrittrice inglese Rebecca Chance, ma che in originale era semplicemente Bad Girls (2010). 

 Può anche essere Tutta colpa del segugio infernale, anche se il titolo originale dell'urban fantasy di Louisa Masters è Hijinks with a Hellhound (2021), dove l'intraducibile parola del linguaggio informale "hijinks" significa più o meno "il comportamento energico ed eccitato in cui le persone fanno cose divertenti o fanno scherzi a qualcuno". 

 D'altro lato può essere Tutta colpa dell'angelo; il titolo originale di questa allegra e cattivella favola di Natale con tanto di omicidi e zombie, pubblicata da Christopher Moore nel 2004, è The Stupidest Angel: A Heartwarming Tale of Christmas Terror, "l'angelo più stupido: una commovente storia di terrore natalizio". 
Tra gli altri titoli per cui davvero è "tutta colpa delle case editrici", possiamo ricordare: 

 Il libro per ragazzi di Judith Kerr The Curse of the School Rabbit (2019), "la maledizione del coniglio della scuola", che diventa Tutta colpa del coniglio

  Cupid's Mistake (2014), "l'errore di Cupido", di Karen Harbaugh diventa Tutta colpa di Cupido; 

  Kissed in Paris (2012), "baciata a Parigi", di Juliette Sobanet, Tutta colpa di Parigi

  The Thing About Jellyfish (2015), "il problema con le meduse", di Ali Benjamin, Tutta colpa delle meduse

 Un paio di editori affermano che è Tutta la colpa dell'estate, anche se i titoli originali sono i più generici: It Happened One Summer (Tessa Bailey, 2021), "accadde un'estate", e Staying out for the Summer (Mandy Baggot, 2021), "star fuori d'estate". 

 La responsabilità attribuita a questo o a quello è una costante nelle copertine dei libri italiani, anche di quelli non tradotti. Abbiamo così, solo per fare qualche esempio i "tutta colpa": di Fidel (Domitilla Calamai), del '68 (un romanzo di Elfo e un saggio di vari autori), di Berlinguer (Francesco Serra), di Freud (Paolo Genovese), delle nuvole (Mario Sala Gallini), dello yoga (Laura Schiavini), di quel bacio (Cassandra Rocca), della gelosia (Cassandra Rocca), dell'emotività (Adriana Miele), dello stress (Gabriele Colombini), del tè (Marta Savarino), di un caffè (Laura Licata), del cappuccino (Lorenza Albarello), della verdura (Gabriella Sinigaglia), delle cipolle (Emiliano Ducci), delle fragole (Sistiana Lombardi), di una mela (Susy Tomasiello), della lavanda (Valentina Cardellini), di New York (Cassandra Rocca), di Londra (Georgia To olo), dell'Europa (Thierry Vissol), (della metropolitana (Luigi Scardigli), del bosco (Laura Bonalumi), delle donne (Elisa Rembaldo), delle mamme (Orliana Fenga), delle nonne (Lucia Torti), di mia sorella (Erika Cotza), del mio ex (Grazia Battista), del principe azzurro (Cristina Martella), di quel gatto (Paola Pesce), di un pappagallo (Luisa D.), di Cajkovskij (Dennis Mazzolini), di Chopin (Cristina Aicardi e Ferdinando Pastori), di Vasco (Lia Pallotti), di Mick Jagger (Cyril Montana), di Omero (Fiorenza Renda), di Ippocrate (Ombretta DeVin), di Solone (Andrea Cirino), di Stendhal (Laura Patrizi), di Giorgio Faletti (Maria Chiara Servadei), di un Chiparus (Francesca Carbonini), di E.T. (Patricia Mearini), dei Supereroi (David Bacter), di un like (Lorena Lorici), dei soci@l (Cinzia La Commare), del blog (Lorena Milano), di Eva (Gianni Spinelli), di Pandora ((Michele Ferraro), di una ciabatta (Gianni Decimo), di una zokkola (Adriano Panetti), di un cotton fioc (Diamante), dei tarli (Paola Zoffi), di una promozione (Sara Pinko), del naso (Ermanno Detti), del cesso (Mario Franchi), della luna (Fabio Ceraulo e altri), di Venere (Leonardo Piccione), della ricerca spaziale (autori vari), del mondo (Alex "Raige" Vella), dell'ascendente (Luigi Torres Cerciello), del karma (Paola Alesso), di Dio (Laura de Luca), dell'Altissimo (Chiara Argnani), di Cicciobello! (Salvatore Borrelli)… si potrebbe continuare ancora per un paio di pagine. L'unica che si prende qualche responsabilità e non le scarica tutte su cose o persone è Virginia Bramati con Tutta colpa della mia impazienza. Ma sempre lei aveva scritto, in precedenza, Tutta colpa della neve (e anche un po' di New York). 

 Si noti comunque che si tratta sempre di un "tutta colpa di", mai di di un modesto errore, di una perdonabile negligenza, di una momentanea imprudenza, di un trascurabile sbaglio, di una involontaria mancanza e soprattutto mai di una di una responsabilità condivisa o di un concorso di colpa.
 Altri titoli che piacciono tantissimo agli editori italiani, anche a costo di tradire quelli originali, fanno riferimento al cimitero, alle confessioni, ai vangeli, al profumo. Faccio solo un esempio per non annoiarmi né diventare troppo noioso: Il profumo delle foglie di limone di Clara Sánchez, pubblicato in Italia da Garzanti con grande successo nel 2011, ha il titolo spagnolo di Lo que esconde tu nombre, "cosa nasconde il tuo nome". Anche la scelta editoriale di mostrare in copertina l'immagine ormai abusata di una ragazza mostrata di spalle, in questo caso vestita e coi piedi immersi nell'acqua, si discosta molto dalla drammatica richiesta d'aiuto di quella originale. La copertina italiana del libro sembra presentarlo come un romanzo destinato al pubblico femminile mentre si tratta in realtà di un thriller in cui uno dei protagonisti è un cacciatore di criminali nazisti. 

 Un caso particolare degli ultimi anni è quella della moda giapponese e dei titoli in cui, a proposito o a sproposito, viene infilata Tokyo. Nel 1992 esce nelle sale cinematografiche Topaz, "topazio", diretto da Ryū Murakami, e tratto da un romanzo dello stesso autore, incentrato sulle vicende di una ragazza squillo che tenta inutilmente di ritrovare la dignità e l'amore. Il titolo scelto in Europa è Tokyo Decadence, che sarà utilizzato per la pubblicazione italiana del romanzo, avvenuta solo nel 2002. Nel 1993 fu pubblicato Norwegian Wood dello scrittore Haruki Murakami, col titolo Tokyo Blues. Il titolo originale fa riferimento a una canzone dei Beatles, ma la casa editrice Feltrinelli preferì probabilmente associare il nome dell'allora sconosciuto Haruki Murakami al già famoso Ryū Murakami (i due autori non sono parenti). Ancora oggi l'Einaudi, che pubblica tutti i libri dello scrittore in Italia, continua a usare Tokyo Blues come sottotitolo a Norwegian Wood.

 Ryū Murakami viene nuovamente tradito con Tokyo Soup, romanzo del 1997, che in originale suona "preparerò la zuppa di miso". Gli esempi potrebbero moltiplicarsi: "punti e linee" di Matsumoto Seichō diventa Tokyo Express, "le ultime volontà del mio ex fidanzato" di Hotate Shinkawa Intrigo a Tokyo e così via. Il caso più indecoroso è forse quello di Le quattro casalinghe di Tokyo, thriller della scrittrice femminista Natsuo Kirino, che banalizza la tragica scelta di una donna che vuole uscire dal suo incubo famigliare, come suggerisce il laconico titolo originale: "fuori". Certo non si tratta di un romanzo erotico o di una commediola banale come sembra invece suggerire il titolo italiano. 

 Termino con la curiosa vicenda del titolo del ventiseiesimo romanzo giallo di Agatha Christie che, nell'estate del 1939, fu pubblicato a puntate sul quotidiano inglese Daily Express e poi in volume, nel novembre dello stesso anno. Il titolo originale, Ten Little Niggers, rimanda al verso di apertura dell'omonima minstrel song del paroliere britannico Frank J. Green (1869).
La canzone era un adattamento di un componimento simile, Ten Little Injuns, scritto qualche tempo prima in America da Septimus Winner, a sua volta ispirato a una filastrocca per bambini: Ten Little Indians.  

 Quando il libro fu pubblicato negli Stati Uniti il titolo fu cambiato in And Then There Were None ("e poi non rimase nessuno") perché quello originale era considerato offensivo nei confronti dei neri. Il razzismo verso gli indiani non pare fosse invece considerato un problema. La frase "and then there were none" è l'ultimo verso della filastrocca che viene citata alla fine del libro.

 Un sentito ringraziamento per i preziosi spunti alla più volte citata Ludovica Lugli, "Storie di titoli tradotti o traditi"
https://www.ilpost.it/2016/09/28/traduzioni-libri-diverse-originale/

e a Noemi
https://lifeisabook.altervista.org/