Altri incontri con la balena

22.09.2025

Moby Dick non si recensisce.
Non si racconta.
Si può solo navigare.
È un viaggio per mare che
ti porta in altri viaggi per mare.
Ci sono altre balene.

 Storia vera, Luciano di Samosata

30. Come toccammo l'acqua, provammo una gioia straordinaria e ci rallegravamo immensamente e ci abbandonavamo alla letizia più completa, come consentivano le circostanze, e, tuffatici in acqua, ci mettevamo a nuotare: si diede il caso che ci fosse bonaccia e che il mare fosse calmo. Ma sembra che un cambiamento in meglio sia spesso il principio di mali maggiori: e infatti noi, dopo aver navigato per due soli giorni con bel tempo, allo spuntare del terzo giorno, al sorgere del sole, improvvisamente vediamo dei mostri marini e delle balene, e fra le altre una, la più grande di tutte, misurava circa mille e cinquecento stadi di lunghezza: essa veniva contro di noi con la gola aperta, e già a grande distanza sconvolgendo il mare e avvolta di schiuma tutt'all'intorno, e digrignando i denti, molto più lunghi dei falli in uso fra di noi, tutti aguzzi come pali e bianchi come avorio. Noi dunque, dopo esserci dato un ultimo addio ed esserci abbracciati, attendevamo: essa fu subito addosso a noi, e, con una sola sorsata, ci inghiottì con tutta la nave. Non fece però in tempo a maciullarci coi denti, ma la nave, attraverso gli interstizi di essi, sfuggì, andando a finire nell'interno. 

 31. E poiché fummo dentro, in principio era fitta tenebra, e non vedevamo nulla, ma dopo, avendo essa aperto la bocca, vedemmo una cavità grande e interamente piatta e alta, sufficiente per una città di diecimila abitanti. Giacevano in mezzo e piccoli pesci, e molti altri animali ridotti in frammenti, e vele di navi e ancore, e ossa di uomini e mercanzie, e al centro c'era anche una terra con delle colline, formate, a mio credere, dal fango che essa inghiottiva e che si era depositato. Certo è che in essa era una selva, e che vi erano nati alberi d'ogni sorta e vi crescevano ortaggi, e tutto sembrava essere dovuto a coltivazione. Il perimetro di questa terra misurava duecentoquaranta stadi. Vi si potevano vedere anche uccelli marini, gabbiani e alcioni, che facevano il nido sugli alberi. 

La navigazione di San Brandano, anonimo del X secolo 

(X) Arrivarono presso l'isola vicina, ma la nave si arenò prima di raggiungere un punto d'approdo. San Brandano ordinò ai frati di scendere in mare, e così fecero: si misero a trascinare la nave da ambedue la parti per mezzo di funi, finché la tirarono in secco. Si trovavano su un'isola sassosa, priva di erba. La vegetazione era in genere scarsa e mancava sabbia sulla riva. Più tardi mentre i frati trascorrevano la notte all'esterno, immersi nelle preghiere, l'uomo di Dio rimase seduto dentro la nave. Si era reso conto, infatti, di che isola si trattava, ma non voleva riferirlo agli altri per non terrorizzarli.
Spuntato il mattino, ordinò a ognuno dei sacerdoti di cantar messa, e così fecero. Quando anche san Brandano ebbe cantato messa, stando sempre sulla nave, i frati scaricarono la carne cruda per condirla col sale, nonché il pesce che avevano portato con sé dall'isola precedente. Completata l'operazione, misero la pentola sul fuoco. Mentre erano intenti ad alimentare il fuoco con la legna, e la pentola già bolliva, improvvisamente l'isola si mise a tremare. I frati allora fuggirono verso la nave, invocando la protezione del santo padre. Egli li trasse a bordo, prendendoli per mano uno alla volta. Abbandonarono l'intero carico sull'isola e si misero a remare. L'isola, intanto, si muoveva nell'oceano. Il fuoco che continuava ad ardere rimase in vista sino alla distanza di due miglia. San Brandano spiegò ai frati che cosa era successo, dicendo: «Figlioli, non vi spaventate. Questa notte Dio mi ha rivelato il mistero di una visione: non è un'isola, quella dove siamo stati, ma un pesce. È la più grande di tutte le creature che vivono nell'oceano. Tenta sempre di toccarsi la coda con la testa, ma non vi riesce per l'eccessiva lunghezza. Si chiama Giasconio*». 

 *Il nome attribuito alla balena deriva dalla voce irlandese iasc, cioè «pesce». Il divertente episodio è del tutto simile a quello descritto ne I viaggi di Sindbad il marinaio, ove l'esito è però più drammatico: molti studiosi hanno pertanto cercato di dimostrare la suggestiva ipotesi di un contatto tra la cultura irlandese e quella araba, ma senza pervenire a risultati decisivi. Del resto la mole delle balene ha sempre affascinato scrittori e poeti di tutte le epoche e il paragone tra un cetaceo galleggiante e un'isola giunge abbastanza spontaneo. Non è infine da escludere la possibilità che l'idea sia stata suggerita da esperienze reali: racconti di marinai riferiscono di balene apparentemente morte in mezzo al mare, che si rianimavano all'avvicinarsi dei pescatori.  

Moby Dick, o la Balena, Hermann Melville
Capitolo CV: La grandezza della balena diminuisce? Dovrà scomparire? 

Visto dunque che questo Leviatan ci scende addosso, dibattendosi, dalle fonti dell'Eternità, può essere appropriato ricercare se nel lungo corso delle sue generazioni non abbai degenerato dal volume originario dei suoi padri.
Ma investigando troviamo che non soltanto le balene dei nostri giorni sono superiori in grandezza a quelle i cui resti fossili troviamo nel sistema terziario (che abbraccia un definito periodo geologico anteriore all'uomo), ma, delle balene trovate in questo sistema, quelle che appartengono alle formazioni più recenti superano per volume quelle delle formazioni più antiche.
Di tutte le balene preadamitiche sinora esumate, di gran lunga la più voluminosa è la balena dell'Alabama, [ricordata nell'ultimo capitolo,] e questa aveva lo scheletro lungo meno di settanta piedi. Mentre abbiamo già veduto che la misurazione a nastro dà settantadue piedi per lo scheletro di una grossa balena moderna. E ho sentito, su fede di balenieri, che sono stati presi capodogli lunghi quasi cento piedi al momento della cattura.
Ma non può darsi che, mentre le balene del nostro tempo sono in vantaggio di grandezza su quelle di tutti i periodi geologici anteriori, non può darsi che dall'opera di Adamo esse abbiano degenerato?
Senza dubbio questo dobbiamo concludere, se vogliamo credere ai ragguagli di gentiluomini come Plinio e i naturalisti antichi in generale. Poiché Plinio ci parla di balene che facevano jugeri di massa vivente, e Aldovrandus di altre che misuravano ottocento piedi: Camere di Corderia e Gallerie del Tamigi che erano! E persino ai giorni di Banks e Solander, i naturalisti di Cook, troviamo un membro danese dell'Accademia delle Scienze che computava certe balene islandesi (reydan-siskur o Pance Rugose) a centoventi jarde, vale a dire trecento e sessanta piedi. E Lacépède, il naturalista francese nella sua elaborata storia delle balene, al principio dell'opera [(pag. 3)] computa la balena franca a cento metri, trecento e ventotto piedi. E quest'opera uscì nell'anno del Signore 1825.
Ma ci sarà un baleniere che crederà a queste storie? No. La balena d'oggi è grande come le sue antenate del tempo di Plinio. E se capiterò mai dove c'è Plinio, io, un baleniere (più che non fosse lui), mi piglierò la libertà di dirglielo. Poiché non posso capire come mai, mentre le mummie egizie, sepolte migliaia d'anni prima che Plinio fosse neanche nato, non misurano tanto nella loro bara quanto un moderno kentuckese, e mentre il bestiame e gli altri animali scolpiti sulle più antiche tavolette egizie e ninivesi dimostrano altrettanto chiaramente, con le proporzioni relative in cui sono ritratti, che i bovini Smithfield di razza, ben nutriti e premiati, non soltanto eguagliano, ma di gran lunga superano di volume la più grassa delle vacche grasse di Faraone: di fronte a tutto questo, non posso ammettere che, di tutti gli animali, unica la balena abbia degenerato.

Bibliografia
Luciano di Samosata, Storia vera, BUR
Anonimo del X secolo, La navigazione di San Brandano, Varie edizioni

Luigi Amendola