Bartleby, lo scrivano 2

03.07.2025

Chi è Bartleby?
In risposta a un annuncio, una bella mattina, si parò immobile sulla soglia del mio ufficio un giovane - la porta infatti era aperta, perché era estate. Rivedo ancora quella figura: pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida! Era Bartleby.

Ecco, è entrato in scena il personaggio principale, e dalla platea dei recensori (anche dal loggione) scoppia un fragoroso applauso, che lascia tuttavia indifferente il destinatario.

Sappiamo ciò che accadrà, tutti lo sanno, il regista Melville ha dato precise istruzioni per l'azione scenica, di innegabile effetto; ma il copione reca anche, con grande minuzia, la caratterizzazione del personaggio, ciò che spiega il suo comportamento. Tuttavia gli spettatori-recensori, non hanno prestato sufficiente attenzione ai dettagli, rimanendo attoniti e spaesati: proprio quello che Melville voleva che accadesse.
Credo infatti che si sia divertito un bel po' alle spalle dei lettori componendo un testo che ricorda le figure ambigue, che cambiano secondo il modo in cui si guardano.
Ci sono cascati in molti, anche illustri studiosi, che ci hanno dato dentro facendo sfoggio di erudizione, con funambolismi teorici al limite del ridicolo.
Proviamo a setacciare il testo come fanno i cercatori d'oro nel fiume.

"Preferirei di no", disse.
Lo fissai con aria risoluta. Il volto era smunto nella sua compostezza; gli occhi grigi, fiochi e tranquilli. Non una grinza gli increspava il viso. Se ci fosse stato [...] in lui qualcosa di normalmente umano, lo avrei cacciato con brutalità dal mio ufficio. Ma così come stavano le cose, tanto valeva che decidessi di buttar fuori della porta il pallido busto in gesso di Cicerone.


Qui ci sono due parole rivelatrici: pallido  e umano, il primo aggettivo lo abbiamo già trovato, comparirà ancora. Poco più avanti si trova questa frase.

Non è infrequente che un uomo, urtato in modo inconsueto e violentemente irragionevole, cominci a dubitare delle proprie convinzioni fondamentali. Comincia, per così dire, a congetturare in modo vago che, per quanto strano, la ragione e il diritto stiano forse dall'altra parte.

Sicuramente pochi avranno notato questa frase, eppure è la chiave di volta di tutto il racconto; da questo momento in poi ha inizio il processo che quasi farà impazzire l'avvocato: il mondo delle sue certezze comincia a scricchiolare, i successivi rifiuti di Bartleby lo porteranno quasi alla pazzia. È un uomo d'affari, sfrutta tranquillamente il lavoro altrui, chissà quanti dipendenti avrà messo alla porta senza tanti scrupoli, eppure non riesce a liberarsi di quell'essere così strano che gli si oppone passivamente.
Si dirà che è un uomo buono, che lo scrivano gli fa pena; in effetti fa di tutto per aiutarlo, gli offre del denaro, è disposto persino ad ospitarlo in casa sua. Ma non c'è niente da fare.
E c'è di più, Bartleby non mangia, non va da nessuna parte, non legge i giornali, è smunto e pallido: questo aggettivo ricorre più volte.
Quello strano essere è irremovibile, nulla lo scuote, continua a mantenere un atteggiamento distante, come se fosse in un altro mondo. Tuttavia, pur essendo così alieno e apatico, emana una strana forza attrattiva, pare quasi tenere in scacco chi gli sta vicino. Capita poi un fatto curioso: in ufficio tutti cominciano ad usare il verbo preferire nelle più svariate situazioni con insolita frequenza.
In un passo troviamo la seguente frase: risposta soavemente cadaverica, piuttosto singolare no?
Insomma, Melville dissemina tutto il racconto di indizi per mostrare la vera natura di Bartleby, ma i lettori non ne tengono conto perché sono intenti a darsi delle spiegazioni razionali, umane, del suo comportamento. 

Questa edizione ha colto perfettamente la natura spettrale di Barnaby. 
L'immagine (tagliata) è Il pasto del cieco di Picasso)

Ma egli non è un essere umano, è un fantasma, o al più la personificazione di una punizione. Il racconto di Melville è una condanna dello sfruttamento nel lavoro, della miseria in cui versa gran parte della popolazione americana. Lo fa in maniera raffinata e sottile, con un congegno narrativo di crescente drammaticità che spiazza il lettore e lo costringe a porsi delle domande. Solo alla fine, con la rivelazione del precedente lavoro di Bartleby, il cerchio si chiude, ma il finale non è lieto, l'avvocato, e tutto quel che rappresenta, non ha imparato nulla.
Poiché non c'è due senza tre…
(Continua)                                                                                                                                              (Gralli)