Bartleby, lo scrivano 3

Uno spettro si aggira per l'ufficio
Sono un uomo piuttosto avanti con gli anni. Serio, degno di fede, con un consistente bagaglio di esperienza.
Il narratore sente la necessità di convincere il lettore della propria affidabilità. Solo ora, dopo aver già setacciato un po' questo testo mi accorgo della singolarità di questo incipit. Il tono è quello di solito usato per introdurre i racconti fantastici, inverosimili: il narratore sa che quanto dirà potrebbe non essere creduto, per questo presenta tutte le sue referenze, compresa quella del miliardario per il quale ha lavorato e del quale si è guadagnata la stima. Ci tiene a far sapere che il suo è l'ambiente più rispettabile: quello dei ricchi, per i quali lavora, e ne è orgoglioso. Un uomo solido, di solide certezze, dobbiamo fidarci. Ma perché, mi domando, questa lunga tiritera, con dettagli anche inutili, quale quello del suo incarico come giudice di Alta Corte di Equità? In fondo quello che racconterà è sì un episodio singolare, insolito, ma che potrebbe essere considerato come la manifestazione di un disturbo psichico e come tale liquidato dall'intervento dell'ambulanza e di due robusti infermieri. Invece no, come sappiamo in questa storia c'è ben altro, ma cosa esattamente?
A questo preambolo segue la definizione dell'ambiente, il tetro ufficio dove si maneggiano ricchezze, in maniera asettica senza sporcarsi le mani, se non quelle dei copisti con l'inchiostro.

La cupezza del luogo è alleggerita dal tono leggero, ironico, usato nella descrizione.
Ma un vero e proprio registro umoristico, arguto e divertentissimo, di stile british, è quello adottato per presentare i due scrivani e il ragazzino che fa da galoppino tuttofare. Il lettore si rilassa, ride e si gode l'abilità stilistica dello scrittore.
Ma la tragedia incombe, e avrà inizio con la figura esangue e squallida del giovane Bartleby che si staglia nel vano della porta. Non ha avuto bisogno di bussare, era aperta.
Il lettore e gli attori della storia non lo sanno ancora, e forse non se ne renderanno conto neppure in seguito, ma Bartleby è uno spettro, magari metaforico, la rappresentazione della coscienza dello stimato avvocato, o quella del vendicatore della miseria di tutti i servitori, a vario titolo, dei ricchi, ma comunque non è un essere umano. Solo così è possibile spiegare la sua stranezza, Melville lo ha suggerito in mille dettagli, ma i lettori frettolosi non li hanno colti, sono rimasti abbacinati, stregati, dallo scrivano fantasma incomprensibile, cercando di spiegare razionalmente i suoi comportamenti senza accorgersi che la spiegazione era lì, nel testo, a portata di sguardo, come la lettera rubata di Poe.
Va detto tuttavia, a giustificazione di tutti quanti hanno cercato di fornire un'interpretazione, che il racconto è costruito con abilità diabolica, da illusionista.
Il gioco è condotto mediante una giustapposizione continua e particolareggiata dei due piani, quello realistico descritto con dovizia di particolari, e quello fantastico, enigmatico, in cui si muove lo spettro, da qui lo straniamento, il disorientamento di chi legge.
Bartleby perseguita l'avvocato, non gli dà tregua, è una presenza costante, inamovibile, che domina tutti con una forza inspiegabile: come può un pallido, emaciato, misero scrivano soggiogare così quel solido avvocato, sicuro di sé e del suo ruolo nel mondo?
L'idea di fondo è la condanna del sistema economico americano, ma non in forma di pamphlet accusatorio, né pietistica come nel Canto di Natale di Dickens.
Melville è molto più raffinato, il suo personaggio non è la caricatura dell'avido sfruttatore, assomiglia più all'Omino di Burro di Pinocchio, amabile, gentile, ingannevole, e i lettori ci cascano, e gli elettori mi vien da dire.
Bartleby con i suoi simbolici NO, assurdi, ingiustificati, espressi con un ironico condizionale che ne sottolinea la beffarda cortesia, mette a nudo e vanifica le false, paternalistiche lusinghe del potere, quale che sia. I suoi NO sono quelli di una forza superiore che avanzerà nella Storia. Uno spettro si aggira per l'Europa, Bartleby per l'ufficio del suo datore di lavoro.
Nel racconto sembra sconfitto, però. L'avvocato è tornato ai suoi affari, come prima: la lotta, si sa, richiede tempo.
(Continua) Gralli