Chi è la Belle Dame sans merci? 3

23.11.2025

Facendo ricerche sulle diverse interpretazioni della poesia di Keats mi sono imbattuta nel libro di Giampaolo Sasso Il segreto di Keats. L'autore, psicanalista, linguista, ricercatore indipendente, ha analizzato il testo da vari punti di vista, ma un'ipotesi in particolare ha attratto la mia attenzione.

Partiamo dal titolo. Come è noto è ripreso da una ballata del XV secolo di Alain Chartier. Mi ero subito chiesta, alla prima lettura, quale fosse il senso del legame, e mi ero procurata il testo di Chartier, ma l'argomento è completamente diverso, qui si parla di questioni d'amore, di dame ritrose, senza pietà per il loro adoratore, i versi di Keats raccontano tutt'altra cosa.
Un altro elemento di interesse della lirica di Keats è il cibo che la fata offre al cavaliere, è questo a provocarne il sonno e gli incubi. I viaggi fantastici, dei miti e del folclore, spesso prevedono da parte dell'eroe l'assunzione, non di rado da evitare, di cibi e bevande particolari; nel regno dei morti della mitologia greca la melagrana impedisce l'uscita di chi è entrato nell'Ade, come accaduto a Persefone (Proserpina); l'acqua del Lete, invece, induce  nelle anime l'oblio della vita precedente. Nelle fiabe, all'eroe che trova rifugio nella capanna del bosco, viene spesso raccomandato di non mangiare ciò che gli viene offerto.

Dante Gabriel Rossetti, Proserpina, 1882 

   Giampaolo Sasso ha fatto una constatazione molto semplice: la traduzione del titolo in italiano è "bella donna", l'unione delle due parole dà il nome di una pianta medicinale la belladonna, belledame in francese, deadly nightshade in inglese; in questo caso il nome è esplicitamente riferito alla sua azione che può essere mortale, come spesso accade per le piante usate in medicina. Il nome scientifico attribuito da Linneo è Atropa belladonna, Atropo era una delle Parche, quella che recideva il filo della vita e belladonna perché usata in antico come cosmetico, a dosi minime provoca la dilatazione della pupilla rendendo gli occhi più aperti e brillanti; l'atropina è usata ancora oggi nelle visite oculistiche. 

Ed ecco un primo riscontro nella poesia 
I met a lady in the meads
Full beatiful - a faery's child
He Hair was long, her foot was light
and her eyes were wild

Incontrai in un bosco una dama:
splendida, figlia di una fata,
capelli lunghi, il passo leggero…

l'occhio, selvaggio.

L'inquietante occhio di Escher 

Il veleno della belladonna si trova nelle radici, nelle foglie, nelle bacche, ma è particolarmente ingannevole per il suo sapore dolce: nel testo le radici sono "of relish sweet", una proprietà in genere inusuale nelle piante, e tutto il cibo è connotato in una dolcezza attraente. 

She found me roots of relish sweet,
And honey wild, and manna - dew,

Trovò per me radici di dolce sapore
E miele selvatico e stille di manna

  La belladonna è un potente narcotico ed ha proprietà allucinatorie. 

And there she lullèd me asleep
And there I dreamed – Ah! woe betide! –
The latest dream I ever dreamt
On the cold hill side.

I saw pale kings and princes too,
Pale warriors, death - pale were they all;
They cried – "La Belle Dame sans Merci
Thee hath in thrall!"
 

Mi addormentò, cullandomi,
e io sognai: sciagura!
sognai quello che fu il mio ultimo sogno,
sul fianco della gelida collina.

E vidi pallidi re e principi, e guerrieri,
tutti erano pallidi di morte,
gridavano: "La belle dame sans merci, la dama
la dama bianca ti ha in sua balia".

I personaggi che gli appaiono in sogno sono a loro volta vittime della Belle Dame sans merci, la potente droga che rende schiavi e senza pietà porta alla morte. Il segreto di Keats è dunque la sua dipendenza dalla belladonna. Il nome dato a questa pianta, apparentemente innocua, che possiamo trovare nei nostri prati, la dice lunga.  E non dimentichiamo la Marijuana, Maria Giovanna. Se ci fossero dubbi, il seguente lemma, tratto da Il dizionario del diavolo di Ambrose Bierce, provvede a fugarli.

BELLADONNA (s.f.). In italiano è una bella signora; in inglese un veleno mortale. Esempio particolarmente calzante della fondamentale identità di queste due lingue.

L'interpretazione è semplice, si appoggia con coerenza al testo, è molto verosimile. L'uso di sostanze psicotrope non era  (e non è) raro fra i letterati e gli artisti, innumerevoli creazioni sono state realizzate sotto gli effetti di droghe diverse. 

Scrive Sasso:

Keats divenne un grande poeta a ragione e malgrado questo segreto, una contraddizione, per lui, presumibilmente insanabile, che credo abbia tentato molte volte di rivelare. La ballata "La Belle Dame sans merci", se la ricostruzione che mi accingo a fare è corretta, è stato uno di questi tentativi rivelatori, che forse colse lui stesso di sorpresa (o sorprese la cerchia dei suoi amici, che ritengo sapessero del suo segreto). Presumibilmente, il sogno allucinatorio della ballata corrispondeva a uno degli stati, simili alla trance, in cui Keats componeva sotto l'effetto della belladonna, e su cui rifletteva, in seguito, con mente più vigile.  

Il sogno dei pallidi spettri è un auto ammonimento, un tentativo di sottrarsi alla schiavitù. Presente anche in un alto componimento, in tre cosiddette stanze, Ode sulla melanconia

No, no, go not to Lethe, neither twist
Wolf's - bane, tight - rooted, for its poisonous wine:
Nor suffer thy pale forehead to be kissed 
By nightshade, ruby grape of Proserpine;
Make not your rosary of yew - berries,
Nor let the beetle, nor the death - moth be
Your mournful Psyche, nor the downy owl
A partner in your sorrow's mysteries;
For shade to shade will come too drowsily,
And drown the wakeful anguish of the soul.

Non sprofondare nel Lete e non spremere
le radici dell'aconito per farne vino venefico,
non sopportare sulla tua pallida fronte i baci
di Belladonna, il grappolo rossastro di Proserpina,
non infilare il rosario di bacche di tasso,
non lasciare che siano tua lugubre Psiche
lo scarabeo e la falena, né il gufo piumato
partecipi ai misteri del tuo dolore,
perché l'ombra sull'ombra crea sonnolenza,
e affoga l'ansia vigile dell'anima.

L'esortazione pare chiara: l'invito a non lasciarsi andare alla sonnolenza, non solo letterale, ovvio; a restare vigili e padroni di sè. 

Edvard Munch 1891

Che poi Keats ce l'abbia fatta è un altro discorso, come si vede dalla stanza seguente, che peraltro presenta forti tracce di ambiguità. 

But when the melancholy fit shall fall
Sudden from heaven like a weeping cloud,
That fosters the droop - headed flowers all,
And hides the green hill in an April shroud;
Then glut thy sorrow on a morning rose,
Or on the rainbow of the salt sand - wave,
Or on the wealth of globèd peonies;
Or if thy mistress some rich anger shows,
Emprison her soft hand, and let her rave,
And feed deep, deep upon her peerless eyes.

Ma quando piomba l'attacco di melanconia
di colpo come uno scroscio di nuvole dal cielo,
che nutre all'improvviso i fiori afflosciati
e cela il verde colle in un sudario d'Aprile,
trova conforto in una rosa mattutina,
o un arcobaleno sull'onda e la risacca,
o l'opulenza tonda delle peonie;
o se la tua donna sembra incollerita,
imprigiona la sua morbida mano nel delirio,
e godi fino in fondo dei suoi occhi fatali.

Sembrerebbe un invito a cercare conforto in più amabili fiori, rose e peonie, nell'arcobaleno; nella contemplazione della bellezza; ma chi è la donna incollerita? La melanconia? E la mano imprigionata nel delirio, che significa? E ancora gli occhi, qui definiti fatali.  Questa seconda strofa è oscura, anche La belle dame sans merci lo era, non si possono azzardare "interpretazioni autentiche", ma il sospetto che la belladonna ancora lo tenga schiavo c'è. 

Ch. Boirau, Lo spleen (Malinconia) (1915) cartolina

La terza stanza, se è possibile infittisce ancor più il mistero.

She dwells with Beauty – Beauty that must die;
And Joy, whose hand is ever at his lips 
Bidding adieu; and aching Pleasure nigh,
Turning to poison while the bee - mouth sips:
Ay, in the very temple of Delight
Veiled Melancholy has her sovran shrine,
Though seen of none save him whose strenuous tongue
Can burst Joy's grape against his palate fine;
His soul shall taste the sadness of her might,
And be among her cloudy trophies hung.

Lei vive con la Bellezza,
con la Bellezza che dovrà morire,
e con la Gioia sulle labbra per il bacio d'addio,
la tocca il Piacere doloroso che è veleno
se la bocca lo succhia come un'ape,
sì, nello stesso tempio della Delizia
Melanconia velata ha il suo santuario,
nessuno la può vedere, ma soltanto chi schiaccia
con la sua lingua un chicco di Gioia sul palato.
La sua anima gusterà il suo crudele potere
sospesa lì, tra i nebulosi trofei.

Sentiamo la conclusione di Giampaolo Sasso.

La terza stanza diviene chiara, perciò, nel riassumere il drammatico passaggio emotivo e concettuale avvenuto tra le prime due. Keats vi dichiara l'euforia che prova dopo aver assunto la droga, così ben espressa dall'esordio "she dwells with Beauty", ma anche l'immediata consapevolezza del rischio di morte che ciò comporta, "Beauty that must die". Per questo, la terza stanza è così esplicita nel puntualizzare il legame tra Gioia e labbra, tra il Piacere che muta in veleno e la bocca. La Malinconia e il Diletto dipendono l'una dall'altro (come un santuario in un tempio), ma risulta straordinaria, soprattutto, la trasparente dichiarazione di Keats al pubblico dei lettori, del perché nessuno scorgesse questa "velata malinconia": poteva riconoscerla solo colui la cui "strenous tongue can burst Joy's grape against his palate fine". È impossibile, di quella frase, dare un'interpretazione in qualche modo metaforica, e perciò ero stupito dai commenti, che non si interrogavano sul suo significato: essa, semplicemente, indica un'esperienza molto concreta, evidentemente ben conosciuta da Keats, di cui egli voleva dare un'esatta descrizione fisiologica e gustativa. Essa suona, inoltre, stranamente polemica e aggressiva. Nell'ode questa "Joy's grape" rinvia inevitabilmente alla "grape of Proserpina", cioè a "nightshade", e ciò mostra la palese volontà di Keats a non nascondere la vera natura della "veil'd Melancholy". Gli ultimi due versi, anche, chiariscono il significato di quella che appare quasi una esplicita confessione: chi avesse fatto uso della belladonna, avrebbe gustato "the sadness of her might". Nella conclusione, perciò Keats dà nuovamente a se stesso, ma ora anche ai lettori, l'avvertimento che, nel sogno, i morti danno al cavaliere: la Belle Dame lo ha in suo potere, e questo potere è intimamente legato alla tristezza e alla malinconia, proprio come accade per la desolata conclusione della ballata. È, però, questo potere, legato anche alla gioia e al piacere, e la successione delle tre stanze indica la complessa alternanza di sentimenti tra cui si dibatteva Keats.  

Sospendo il giudizio, la lirica è molto complessa, è vero che è disseminata di indizi che parrebbero chiari, ma il timore che l'interpretazione sia un poco forzata resta. In La Belle Dame sans merci il percorso era più lineare e condivisibile.

Gralli

Articoli precedenti

https://www.bibliosalotto.it/l/la-belle-dame-sans-merci-una-seduzione-misteriosa/

bibliosalotto.it/l/la-belle-dame-sans-merci-a-fumetti/

https://www.bibliosalotto.it/l/la-belle-dame-sans-merci-nei-dipinti/

https://www.bibliosalotto.it/l/la-belle-dame-sans-merci-in-musica/

https://www.bibliosalotto.it/l/chi-e-la-belle-dame-sans-merci-1/

https://www.bibliosalotto.it/l/chi-e-la-belle-dame-sans-merci-2/