Cortesie per gli ospiti

02.08.2025

McEwan: però, pensavo peggio

Letto praticamente tutto in treno, metà all'andata e metà al ritorno, si tratta di un libro breve quindi la mia non è stata certo un'impresa; tuttavia chi ha viaggiato con Trenitalia (esperienza che peraltro continuo a consigliare a chi è in cerca di emozioni forti) sa che mantenere in una carrozza un livello di concentrazione accettabile è ben lontano da ciò che può definirsi un compito agevole.
Andata in prima classe, la prima classe la suggerisco non tanto per la comodità quanto per gli snack di benvenuto e un'aria condizionata sparata così a palla che, per i vecchietti come il sottoscritto, sotto i pantaloni converrebbe indossare la calzamaglia termica.
Ormai peraltro non viene offerta più la possibilità di scegliere fra dolce e salato, vengono elargiti entrambi (abbondandis in abbondandum come chiosavano Totò e Peppino nella celebre lettera).
Per il dolce un biscotto difficile da scartare e che richiede una masticazione quantomeno elaborata mettendo a serio rischio eventuali impianti dentali provvisori.
Un pelino meglio il salato, focaccina con tacchino e maionese, del primo s'intravede il barlume mentre sulla presenza della seconda occorre andare un po' più a fiducia.
Da bere vasta scelta, segnalo il bicchiere della coca cola che viene servita tiepida (a quel punto però perché non offrire direttamente una bella tazza di brodo, vista la temperatura polare) e peraltro non è un bicchiere ma mezzo, probabilmente per evitare innalzamenti, sia pure temporanei, della pressione.

Uno a questo punto potrebbe, legittimamente chiedersi ma McEwan almeno lo hai iniziato?
Assolutamente si, che poi essere arrivati alla mia età senza aver mai letto McEwan non è cosa di cui andare fieri. Prima parte molto lenta, descrittiva, ci viene offerta un'immagine di apparente normalità della coppia protagonista ma oltre l'angolo c'è di più (un po' come per le gambe di una vecchia canzone sanremese) e la conoscenza con un'altra coppia, carismatica ma non troppo, sarà sufficiente a destabilizzare quella patina di normalità che sembra non veder l'ora di essere sollevata.

Ian McEwan

Per la seconda parte ho scelto invece di provare l'ebbrezza della lettura in seconda classe dove mancavo da un po'.
Chi non apprezza la seconda classe dovrebbe almeno una volta nella vita sperimentare il posto singolo in fondo alla carrozza. È un'esperienza che arricchisce e tonifica almeno quanto quella della visione dei dinosauri riprodotti a grandezza naturale.
Il posto singolo in seconda classe è uno status symbol, paragonabile non so alla seconda serie della Fiat 125 special negli anni settanta. In pratica ti ritrovi circondato da una serie di persone che si affannano a trovare un anfratto dove infilare la valigia, strozzate e inghiottite come le olive ascolane di Max Gazzè, che ce l'hanno con tutti, dal ministro dei trasporti al Papa, e tu stai lì con le gambe accavallate e hai pure di fianco un vano libero per infilare la valigia…e se non hai una valigia non fa niente, qualcuno la piazzerà li al posto tuo chiedendoti la cortesia, che tu concederai con un gesto di elegante sufficienza, gongolando se la valigia dovesse ribaltarsi nel viaggio e se il proprietario dovesse lanciarti uno sguardo puntuto perché non l'hai tenuta ferma.

Ma la seconda classe, quando meno te lo aspetti, mentre leggi McEwan (a proposito poi ci torno perché, sapete com'è, questa sarebbe una recensione), sa come riservarti la sorpresa e puntualmente…
In breve si avvicina un emissario del capotreno (il capotreno in seconda difficilmente ci viene, in compenso vedi passare 6 o 7 volte quello che pulisce i bagni perché, è notorio, la seconda classe è come la dolce Euchessina) e ci suggerisce di abbassare le tendine perché l'aria condizionata sembra aver perso parte del suo effetto.
Qualcuno chiede di quantificare la perdita e gli viene risposto "nell'ordine dell'80%" il che equivale ad avere vicino uno che ti sventola ogni tanto mentre stai sudando come un fachiro.
Chiaramente chi ha il posto singolo soffre meno il caldo per cui fatalmente comincio a ricevere sguardi a metà strada fra il torvo e il truce tuttavia cerco di concentrarmi sul libro.
E si perché sto anche leggendo oltre che interessarmi alle questioni di varia umanità.
La domanda che mi pongo man mano che vado avanti è in che misura questo romanzo dell'81 sia stato superato dagli eventi.
Se in quegli anni avevamo infatti ancora un po' di timore ad affidarci completamente a degli sconosciuti adesso riusciamo allegramente a raccontare la storia della nostra vita agli stessi sconosciuti.
Che uno a questo punto potrebbe obiettare vabbè ma oggi le persone con cui ci rapportiamo sono spesso distanti centinaia di chilometri.
Vero e allora forse non è cambiato nulla nel senso che ora come quarant'anni fa temevamo soprattutto il contatto fisico mentre quello a distanza ci mette al riparo da tutto, ci fa ritrovare le sicurezze perdute, in una parola perdiamo ogni inibizione.


I protagonisti del romanzo invece si fanno totalmente irretire dai due carismatici sconosciuti, sembrano quasi al centro di una di quelle esperienze oniriche dalle quali più vorremmo uscire e più rimaniamo invischiati.
Personalmente mi è piaciuto sebbene abbia fatto un po' di fatica a catalogarlo, troppo cerebrale per essere un thriller, sia pure psicologico, troppo inquietante per non desiderare con impazienza di conoscere la fine.
La scrittura avvolgente di McEwan è certamente un valore aggiunto e la breve durata rende a mio avviso il romanzo comunque consigliabile soprattutto se si vuole approcciare per la prima volta un autore contemporaneo importante.
Io l'ho fatto e ne sono uscito tutto sommato illeso, insomma McEwan se po fa'  

Una scena dal film omonimo tratto dal romanzo

EmmEmme (Massimiliano Mascalzi)