Cur respexisti, Orphee? *1

12.11.2025

*Perché hai guardato indietro, Orfeo?

Orfeo ha ottenuto dagli dei inferi l'uscita dell'amata Euridice dal tristo luogo, ma durante la via del ritorno non dovrà voltarsi a guardarla, questa la condizione posta da Persefone. Non è un divieto nuovo, da sempre è prescritto che i mortali non debbano fissare lo sguardo sulle divinità della morte, né sulle ombre dei defunti. Orfeo lo sa bene; ha forse dimenticato l'ingiunzione? Anche questo è possibile, l'Ade è il regno dell'oblio.
Perché hai guardato indietro, Orfeo?

Orfeo conduce Euridice fuori dagli Inferi, Jean-Baptiste Camille Corot (1861)

Così Ovidio  Metamorfosi, Libro X

E ormai non erano lontani dalla superficie della terra,
quando, nel timore che lei non lo seguisse, ansioso di guardarla,
l'innamorato Orfeo si volse: sùbito lei svanì nell'Averno;
cercò, sì, tendendo le braccia, d'afferrarlo ed essere afferrata,
ma null'altro strinse, ahimè, che l'aria sfuggente.
Morendo di nuovo non ebbe per Orfeo parole di rimprovero
(di cosa avrebbe dovuto lamentarsi, se non d'essere amata?)

E Virgilio Georgiche, Libro IV 

Ma già Orfeo, eluso ogni pericolo,
tornava sui suoi passi
e, libera Euridice
saliva a rivedere il cielo,
seguendolo alle spalle,
come Proserpina ordinava,
quando senza rimedio
una follia improvvisa lo travolse,
[...]
fermo, ormai vicino alla luce,
vinto da amore,
la sua Euridice si voltò incantato a guardare.
[...]
E lei: Ahimè, Orfeo,
chi ci ha perduti,
quale follia?

Giovanni Antonio Burrini - Orfeo e Euridice 1697

Il librettista di Monteverdi, Alessandro Striggio, mostra un Orfeo diffidente verso gli dei dell'Ade, forse gelosi della sua felicità; in dubbio se obbedire a loro o al più potente dio dell'Amore che non solo sugli umani ha potestà. Nota la sua tragica scelta.

Ma mentre io canto, ohimè, chi m'assicura
Ch'ella mi segua? Ohimè, chi mi nasconde
De l'amate pupille il dolce lume?
Forse d'invidia punte
Le deità d'Averno,
Perch'io non sia qua giù felice à pieno
Mi tolgono il mirarvi,
Luci beate e liete,
Che sol col sguardo altrui bear potete?
Ma che temi, mio core?
Ciò che vieta Pluton, comanda Amore.
A Nume più possente,
Che vince huomini e Dei,
Ben ubidir dovrei.

Baldassarre Peruzzi 1481-1536

Più vivace la scena scritta da Ranieri de' Calzabigi per l'Orfeo di Gluck. Euridice dopo la sorpresa e la gioia dell'incontro, non si capacita dell'atteggiamento del suo amato che sfugge il suo sguardo; inutilmente egli la sollecita a partire, non può rivelare il motivo della sua presunta freddezza, ma lei teme di non essere più amata:

EURIDICE

Amato sposo,
m'abbandoni così? Mi struggo in pianto,
non mi consoli! Il duol m'opprime i sensi,
non mi soccorri!... Un'altra volta, oh stelle!
Dunque morir degg'io,
Senza un amplesso tuo... senza un addio!

ORFEO

(Più frenarmi non posso: a poco a poco
la ragion m'abbandona, oblio la legge,
Euridice, e me stesso.) E...


(In atto di voltarsi, e poi pentito.)

Carlo Cignani - Orfeo e Euridice

 Sempre la causa della disobbedienza è un gesto amoroso, ma Orfeo, in questa versione, ha uno scopo preciso: rassicurare Euridice del suo amore per lei e affrettare l'andata, forse prima che le divinità ctonie ci ripensino. Il battibecco fra i due innamorati è di grande effetto scenico e canoro, lo vedremo in dettaglio, quando ci occuperemo della figura di Euridice, in altre interpretazioni del mito. L'infrazione del divieto ha la conseguenza prevista ma, mentre Orfeo sta per porre fine ai suoi giorni ed seguire l'amata nell'Ade, l'intervento di Amore, cui il cantore è stato tanto devoto, porta entrambi gli amanti alla luce e alla vita. In questo caso la storia si svincola dal mito e dal suo insegnamento, assume una sua indipendenza narrativa: l'Amore ha sconfitto la Morte.

Charles Monnet, Orfeo guida Euridice fuori dall'Inferno, illustrazione  per l'opera di Christoph Gluck

 C'è chi ha visto nel mito la rappresentazione di un viaggio iniziatico: discesa nell'aldilà, superamento di prove, approdo ad una nuova rinascita. Orfeo, nella versione Gluck- Calzabigi le supera tutte: con il suo canto ammansisce i guardiani infernali, persuade Persefone e Ade e ottiene il "premio" finale da Amore per la sua costanza. Delle altre versioni non si può dire, ma questo sarà un tema sul quale torneremo.

Anche altri autori antichi hanno attribuito l'errore di Orfeo all'ansia amorosa, al timore che Euridice non sia più dietro di lui. Una risposta plausibile e soprattutto funzionale all'interpretazione e all'insegnamento del mito: l'ineluttabilità della morte, che coglie tutti e dalla quale non si torna; la disobbedienza, la distrazione hanno una necessità narrativa.
Numerosi sono i miti, in tutte le civiltà - da quelle a complessa struttura statale, a quelle di tipo tribale - che hanno cercato di spiegare l'origine della morte, innaturale per l'essere umano, quale conseguenza di una colpa, di una disattenzione, di uno sciocco errore, di un accidente fortuito.
Quindi la spiegazione di primo livello del mito rientra nella casistica generale: dalla morte non si torna e, anche se vi è stata un'eccezione, è risultata vanificata da un gesto sconsiderato, non volontario, compiuto sotto l'impulso di una forte emozione.
Il mito di Orfeo, poeta e cantore, non ha mai cessato di interessare musicisti e poeti, ma è nel '900 che ci si comincia ad interrogare più in profondità sul suo gesto imprudente. Le risposte dei secoli precedenti non possono più soddisfare la sensibilità e l'inquietudine esistenziale degli artisti contemporanei che vedono in Orfeo la propria scaturigine. Il mito acquisterà nuovi significati, a dimostrazione del suo essere universale, e della sua capacità di suscitare domande e offrire risposte alle eterne domande degli uomini, ma senza mai pretese di verità assolute che non si addicono alla sua natura proteiforme.

(continua)


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