Orfeo raccontato da Virgilio

03.11.2025

 Orfeo, di origine tracia, secondo la versione più accreditata, è figlio di Eagro e della musa Calliope. È il cantore per eccellenza, suona la lira e la cetra: il suo canto ammansisce le belve, smuove le pietre e le montagne, è in grado di invertire la corrente dei fiumi, persino i pesci escono dal mare per ascoltarlo.

Raffaello, Virgilio, particolare da Il Parnaso

 Il suo mito è antichissimo e oscuro: ha attraversato i millenni col carico dei suoi molteplici simboli, e ancora si mostra capace di generare interpretazioni sempre nuove da parte di artisti di ogni genere.

Orfeo circondato dagli animali. Mosaico pavimentale romano, da Palermo.

Fra le molte le narrazioni che lo riguardano, la più nota è quella della sua discesa agli inferi alla ricerca dell'amata sposa Euridice, morta per il morso di un serpente. Questa versione del mito, sorta in epoca alessandrina, è raccontata diffusamente da Virgilio nel IV libro delle Georgiche, dedicato all'apicoltura.
Il racconto virgiliano è inserito nella storia di Aristeo, un semidio, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, agricoltore, pastore e apicoltore, protettore di queste attività. 

Apollo e Cirene (autore non trovato)

Virgilio lo presenta mentre, in riva al fiume Peneo, si lamenta, per la perdita di tutte le sue api, dovuta a fame o malattia: sta invocando, con alte grida, la madre Cirene. Costei che, di questo gorgo il fondo abita, è rappresentata dal poeta mentre, attorniata da un folto gruppo di altre ninfe - che raccontano gli amori degli dei - sta lavorando della lana di Mileto, tinta a fondo con un vitreo colore. La madre, udite le invocazioni disperate di Aristeo, ordina al fiume di aprire un varco fra le sue acque per farlo passare.
Per conoscere la causa di questo male bisognerà interrogare l'azzurro Proteo, l'indovino che tutto sa, ma non sarà facile perché egli tenterà di sfuggire mutando continuamente forma. Diventerà cinghiale irsuto, tigre feroce, drago a squame, leonessa dalla fulva criniera, bisognerà dunque legarlo strettamente: per costringerlo a riprendere forma umana e dare il suo responso. Aristeo si reca dunque alla grotta dove vive Proteo, segue le istruzioni materne e viene a sapere la veritá.

Aristeo cattura Proteo, gruppo statuario nei Giardini di Versailles (opera di Sébastien Slodtz).

Certo, l'ira di un nume ti perseguita;
colpe gravi tu sconti.
Contro di te, se il fato non si oppone,
Orfeo, senza volerlo infelice,
provoca il tuo castigo
e si accanisce per la perdita della sua sposa.
Correndo a perdifiato lungo un fiume,
Euridice, ormai segnata dalla morte,
per sfuggirti, non vide il serpente mostruoso
appostato tra l'erba folta sulla riva.

"Euridice morsa dal serpente" - Bryson Burroughs - 1930

E il coro delle ninfe sue compagne
riempì di lamenti i monti più alti;
[...]
E Orfeo, cercando nella cetra conforto
all'amore perduto,
solo te, dolce sposa,
solo te sulla spiaggia deserta,
solo te cantava al nascere e al morire del giorno.

Jean François Paul Duqueylard

Poi scende nelle profondità degli Inferi, e nella selva dove fra le tenebre si addensa la paura, si avvicina alle anime dei morti e al loro re crudele che non si lascia impietosire dalle lacrime umane. E

commosse dal suo canto,
venivano leggere
le ombre, immagini opache dei morti:
a migliaia,
come si posano gli uccelli tra le foglie,
quando la sera o la pioggia d'inverno
dai monti li allontana;
donne, uomini, e ormai privi di vita,
corpi di eroi generosi,
e bambini, fanciulle senza amore
e giovani arsi sul rogo
davanti ai genitori:
ora il fango nero, il canneto orrendo del Cocito
e una palude ripugnante
con le sue acque pigre li circonda
e con nove giri lo Stige li rinserra.

John Roddam Spencer Stanhope, Orfeo e Euridice sulla riva dello Stige 1878

Tutte le creature infernali si fermano, le Erinni dai capelli anguiformi, si ammutolisce Cerbero restando con le tre bocche spalancate, si ferma la ruota di Issione.

Ma già Orfeo, eluso ogni pericolo,
tornava sui suoi passi
e libera Euridice
saliva a rivedere il cielo,
seguendolo alle spalle,
come Proserpina ordinava,
quando senza rimedio
una follia improvvisa lo travolse,
[...]
fermo, ormai vicino alla luce,
vinto da amore,
la sua Euridice si voltò incantato a guardare.
Così gettata al vento la fatica,
infranta la legge del tiranno spietato,
tre volte si udì un fragore
nelle paludi dell'Averno.
E lei: "Ahimè, Orfeo,
chi ci ha perduti,
quale follia?
Senza pietà il destino indietro mi richiama
e un sonno vela di morte i miei occhi smarriti.
E ora addio: intorno una notte fonda mi assorbe
e a te, non più tua, inerti tendo le mani".
Disse e d'improvviso svanì nel nulla,
come fumo che si dissolve alla brezza dell'aria,
e non poté vederlo
mentre con la voglia inesausta di parlarle
abbracciava invano le ombre;
ma il nocchiero dell'Orco
non gli permise più
di passare di là dalla palude.
Che fare? Dove andarsene, perduta ormai,
perduta la sua sposa?
Con che pianto commuovere le ombre,
con che voce gli dei?
Certo, ormai fredda
lei navigava sulla barca dello Stige.

Edvard Munch

Dicono che per sette mesi
Orfeo piangesse senza requie
sotto una rupe a picco
sulla riva deserta dello Strímone,
e che narrasse le sue pene
sotto il gelo delle stelle,
ammansendo le tigri
e trascinando col canto le querce.

Mosaico, Museo Villa Borghese

Così afflitto l'usignolo
lamenta nell'ombra di un pioppo
la perdita dei figli,
che un bifolco crudele
con l'insidia ha tolto implumi dal nido;
piangendo nella notte,
ripete da un ramo il suo canto desolato
e riempie ogni luogo intorno
con la malinconia del suo lamento.
Nessun amore,
nessuna lusinga di nozze
gli piegarono il cuore.
Solo se ne andò tra i ghiacci del nord
e le nevi del Tànai,
sui monti di Tracia oppressi dal gelo eterno,
lamentando la morte di Euridice,
[...]
E le donne dei Cíconi offese da quel rimpianto,
durante le orge notturne dei riti di Bacco,
dispersero nei campi le sue membra dilaniate.

Giulio Romano

Ma anche allora, quando in mezzo ai gorghi
l'Ebro trascinava sull'onda
il capo spiccato dal suo collo d'avorio,
la voce ormai rappresa nella gola
"Euridice" chiamava, mentre l'anima fuggiva,
"o misera Euridice".
E lungo tutto il fiume
le rive ripetevano "Euridice".

Henri Leopold Levy 1870

Questo disse Pròteo, e con un balzo
s'inabissò nel mare,
e là dove s'immerse
l'acqua girò in vortici di spuma.

Newell Convers Wyeth  XX sec.


Ed ecco il rimedio

Immobile al suo fianco,
Cirene si rivolse al figlio sbigottito:
"Figlio mio, sgombra la mente dai tristi pensieri.
Qui sta la causa d'ogni male,
per ciò le ninfe (e con loro Euridice
intrecciava danze nel segreto dei boschi)
mandarono alle api quello scempio.
Con umiltà, chiedendo pace,
offrigli doni e prega le Napee pietose:
ai voti concederanno il perdono
e deporranno l'ira.
Ma prima ti rivelerò il modo di pregarle.
Scegli fra tutti i tuoi,
che pascolano sulla cima verde del Liceo,
quattro tori dal corpo vigoroso,
i migliori, e altrettante giovenche
ancora non domate.
Alza per loro quattro are
vicino ai santuari delle dee
e dalle gole fa sgorgare il sangue sacro,
abbandonando i loro corpi nel folto del bosco.
Poi, al sorgere della nona aurora,
offri ad Orfeo, come dono funebre,
papaveri del Lete
e sacrifica una pecora nera;
torna quindi nel bosco,
e ad Euridice ormai placata
renderai onore immolando una giovenca".
Senza indugio Aristeo
segue i consigli della madre:
va al santuario, alza le are prescritte,
vi conduce quattro tori dal corpo vigoroso,
i migliori, e altrettante giovenche
ancora non domate;
poi al sorgere della nona aurora,
offre il dono funebre ad Orfeo e torna nel bosco.
E qui d'improvviso un prodigio incredibile appare:
fra le viscere disfatte degli animali
per tutto il ventre ronzano le api,
brulicando dai fianchi aperti,
in nugoli immensi ne escono
e, raccogliendosi sulla cima di un albero,
pendono a grappoli dalla curva dei rami.

Traduzione da miti3000.eu    Qui sotto l'intero libro IV delle Georgiche

(continua)                                                                                                                                               Gralli