Elogio di niente
Forse non ci avete mai pensato, neppure io prima della lettura di questo prezioso libriccino, ma NIENTE è una parola magica: definisce ciò che non è, ma nel momento in cui lo fa crea qualcosa, anzi un mondo intero.
È quanto dimostra Louis Coquelet (1676-1754), misconosciuto scrittore francese, in questo paradossale testo che in poco più di cinquanta pagine dal NIENTE fa scaturire, con felice leggerezza e ironia, un trattato di logica, di linguistica, di morale, di satira, dimostrando che si può far filosofia (già il libro è anche questo) non solo senza annoiare, ma divertendo chi legge. Pochissimi eletti lo sanno fare: coloro che, possedendo le chiavi segrete che aprono lo scrigno del linguaggio, portano alla luce i suoi misteriosi legami, caleidoscopici e cangianti, col pensiero profondo, essenza stessa del nostro essere umani.

Sfogliando il libro
Non soltanto sostengo che Niente è un argomento di gran lunga migliore di tutto quanto si continua a dire e a scrivere, ma dichiaro addirittura che Niente, di per sé, è degno di ogni lode, e che non bisogna mai dimenticare Niente, quando si tratta di rendere onore al merito e alla virtù.
Anzitutto, se fate attenzione all'antichità di Niente, sapreste dirmi chi o cosa, escludendo il solo Essere Supremo, è più antico di Niente? Si potrebbe addirittura affermare, senza timore di essere blasfemi, che Niente è più antico dello stesso Essere Supremo: cosa esisteva, infatti, prima che fossero creati gli angeli e il mondo? Niente. E che ne è stato, con Dio, di tutta l'eternità? Niente. Tutto è iniziato da Niente e mai Niente ha avuto inizio. Se consideriamo l'eccellenza di Niente, essa è davvero degna di ammirazione; Niente può definirsi soltanto da sé, proprio come la Divinità. Cos'è, infatti, Niente? Niente. Niente è tanto grande, incommensurabile, quanto la Divinità; Niente si estende oltre ogni cosa. Niente è immutabile e indivisibile. Non sarebbe possibile accrescerlo né ridurlo. Provate a sommare Niente a Niente, otterrete Niente. Sottraete Niente da Niente, otterrete Niente. Niente non deriva da Nessuno, e tutto quello che osserviamo nella natura deriva da Niente.
Il famoso Valentino, Cesare Borgia, non conosceva via di mezzo tra l'essere Cesare e Niente. «O Cesare o Niente» diceva. «Aut Caesar aut Nihil» era il suo motto: il fatto è che i grandi uomini vogliono sempre avere tutto o Niente. Tutte le cose di questo mondo se ne vanno e si riducono a Niente. Ovunque, in questo mondo, ci si nutre di Niente e su Niente ci si fissa.
Si litiga per Niente, per Niente si intentano cause, per Niente si combattono guerre e ci si uccide. Il solo risultato che gli uomini ottengono da tutte le loro inquietudini e dai loro sforzi è la vergogna di essere stati vittime di Niente. È l'inizio, la continuazione e la fine di tutte le nostre vanità. È sempre costante, sempre uniforme, sempre se stesso; riempie l'animo e il cuore senza riempirli, li occupa senza occuparli; la sua sterilità è feconda e la sua fecondità è sterile.
Niente è un potente stregone, che si mostra ai ciechi e si fa intendere dai sordi: cosa vedono, infatti, i ciechi, e cosa odono i sordi? Niente. Cosa dicono i muti, cosa sentono quanti sono privi di olfatto? Niente. Un Niente è stato spesso all'origine delle più grandi imprese, e a Niente hanno spesso portato i progetti più straordinari. Illustri assemblee sono state spesso convocate per Niente, e Niente è stato il loro risultato definitivo. Quante volte abbiamo visto uomini insigni privati per un Niente dei loro impieghi, e sostituiti da altri che valevano meno che Niente.
Qualche riflessione
Odisseo era consapevole del vuoto del suo fittizio nome, un nome appunto che non rimanda a…nessun uomo. L'errore di Polifemo è stato quello di dare corpo al vuoto, di non aver saputo distinguere fra senso e riferimento.
Anche il dedicatario dell'opera è Nessuno, la regola del gioco è la stessa, se i rispettabili Censori Ordinari delle opere altrui sapessero che proprio nei confronti di Nessuno io devo sentirmi in obbligo, forse non sarebbero così sorpresi della mia dedica. Chiaro no?
E ancora:
[...] a Parigi, capitale della confusione e del disordine, volete sapere chi è venuto a farmi visita e a offrirmi i propri servizi? Nessuno. Siete curiosi di sapere chi mi ha consolato nei momenti di dolore morale o di sofferenze fisiche? Nessuno. Chi mi ha soccorso nel bisogno? Nessuno. E chi mi ha invitato alla propria mensa o prestato denaro? Nessuno. A chi deve andare, dunque, secondo voi, la mia riconoscenza, se non a Nessuno?
In realtà il Nessuno di Polifemo è qualcuno, mentre il dedicatario è... nessuno.
Questo libro mi farà impazzire!