La Belle Dame sans merci: una seduzione misteriosa

Dante Gabriel Rossetti - La Belle Dame sans Merci, 1855, penna e matita
Per me tutto è cominciato da qui.
Da questa enigmatica, incantata ballata.
Perché soffri, o Cavaliere in armi?
Non parti e non ritorni, indugi qui da solo Sono avvizziti i giunchi in riva al lago E nessun uccello più canta o prende il voloPerché soffri, o Cavaliere in armi?
E pallido indugi desolato Il granaio è pieno e il raccolto è gia ammucchiato E l'inverno eccolo è arrivatoUn giglio ti è cresciuto sulla fronte
Sulla rugiada che te l'ha imperlata La febbre che ti accende il rosso delle guance Ti ha reso rosa sfiorita senza fiatoVagando i campi incontrai una donna
Di bellezza smisurata, figlia di una fata I capelli aveva lunghi e il passo leggero Gli occhi aveva di selvaggia fieraPer il suo capo feci una ghirlanda
E poi bracciali e un profumato cinto Lei mi guardo proprio come se mi amasse E l'aria con un gemito percosseLa misi in sella sopra al mio destino
E altro più non vidi per quella giornata Che la sua vita dondolarsi nel cantare Una canzone sua dolce di fataTrovò per me radici di piacere
Favi di miele e stille di manna Di sicuro in quella sua lingua di lontano Disse, "È vero è certo che ti amo"E mi porto nella sua grotta di elfi
E pianse e quanto pianse sospirò E allora i suoi selvaggi occhi Io chiusi con la croce dei miei quattro baciE fu lei che cullandomi nel sonno
Mi addormentò come sciagurato
Nel sogno a lei affidato
Sognai l'ultimo sonno
Nel fianco del monte ghiacciato
E vidi cerei re e principi del mondo
Pallidi di lutto e di morte La bella dama dissero che non ha pietà Ha in pugno la tua sorte e la tua etàE vidi labbra bianche sopra i denti
Torcersi in orrende grida
Dal sonno mi svegliai nel freddo abbandonato Nel fianco del monte ghiacciatoEd ecco dunque perché qui dimoro
E resto e indugio e indugio qui da solo
Non so più partire, incantato ad aspettare Chi mi tolse il sogno dal cuoreEd ecco dunque perché qui dimoro
E resto e indugio e indugio qui da solo Anche se sono avvizziti i giunchi in riva al lago E nessun uccello più canta o prende il volo Nessun uccello più canta o prende il volo
Non ho avuto pace fino a che non ne ho saputo di più. Ero certa che sarei arrivata ad una seducente scoperta, infatti le canzoni di Capossela hanno sempre un retroterra culturale profondo e raffinato. Mi era già capitato con Bestiario d'amore di Richard de Fournival conosciuto grazie all'ascolto di un album musicale di questo poliedrico cantautore.
Dopo una rapida ricerca, un primo approdo: una ballata del poeta John Keats che porta lo stesso titolo, in italiano contenuta nella raccolta di liriche scelte Lucente stella.

Non conoscevo il poeta, per la mia scarsa attrazione per la poesia romantica, ma questa lirica così sibillina mi ha affascinata, e mi sono avventurata in qualche ulteriore, timido, tentativo di interpretazione, dopo quelli azzardati con il testo di Capossela, che peraltro è molto fedele alla poesia di Keats.
Questi, a sua volta, aveva preso ispirazione dall'omonimo poemetto di Alain Chartier, poeta francese del '400, del quale parleremo. Gli studiosi si sono interrogati sul significato di questa ballata misteriosa, ma senza giungere ad un'interpretazione convincente. Molti artisti, ai quali dedicheremo una mostra, hanno raffigurato nei loro dipinti l'incontro del cavaliere con la sfingea dama; così come molti musicisti, di vari generi, oltre Capossela, ne hanno tratto ispirazione, li troverete in una piccola discoteca che appronteremo a breve.

La Belle Dame sans Merci Henry Meynell Rheam 1901
La ballata di Keats
I
Per quale pena, cavaliere in armi,
te ne vai così errante, pallido e solo?
È secco ormai il canneto del lago
e non sento un solo uccello cantare.
II
Per quale pena, cavaliere in armi,
così macilento e quasi desolato?
Il granaio dello scoiattolo è pieno,
il raccolto già ben ammucchiato.
III
Vedo un giglio sulla tua fronte,
imperlata di febbre e fredda angoscia,
e sulla tua guancia una rosa sfiorisce:
e troppo, troppo presto muore.
IV
Incontrai in un bosco una dama:
splendida, figlia di una fata,
capelli lunghi, il passo leggero…
l'occhio, selvaggio.
V
Le feci una ghirlanda per corona,
e poi bracciali e un cinto profumato,
lei mi guardò come presa d'amore
dalla sua bocca uscì un dolce lamento.
VI
La posi al passo sul mio destriero,
non vidi più nient'altro, quel giorno:
piegandosi verso di me lei mi cantava
un rapinoso canto di fata.
VII
Trovò per me radici di piacere,
poi miele selvatico e stille di manna,
e con sincerità, in una lingua strana,
mi disse: "Sì, io ti amo davvero".
VIII
E mi portò nella sua grotta fatata
e pianse, e sospirò con dolore:
e allora io le chiusi i suoi occhi selvaggi
con infiniti e infiniti baci.
IX
Mi addormentò, cullandomi,
e io sognai: sciagura!
sognai quello che fu il mio ultimo sogno,
sul fianco della gelida collina.
X
E vidi pallidi re e principi, e guerrieri,
tutti erano pallidi di morte,
gridavano: "La belle dame sans merci, la dama
la dama bianca ti ha in sua balia".
XI
Vidi le loro labbra consunte nel buio
aprirsi in un grido disperato
e mi svegliai e mi trovai qui, ora.
sul fianco della gelida collina.
XII
Ecco perché io sono in questo luogo,
e vado errando pallido e solo.
anche se è secco il canneto del lago,
e non sento un solo uccello cantare.
(Nella prossima puntata qualche interpretazione del misterioso testo).
(Continua)
I O what can ail thee, knight - at - arms,
Alone and palely loitering?
The sedge has withered from the lake,
And no birds sing.
II
O what can ail thee, knight - at - arms,
So haggard and so woe - begone?
The squirrel's granary is full,
And the harvest's done.
III
I see a lily on thy brow,
With anguish moist and fever - dew,
And on thy cheeks a fading rose
Fast withereth too.
IV
I met a lady in the meads,
Full beautiful – a faery's child,
Her hair was long, her foot was light,
And her eyes were wild.
V
I made a garland for her head,
And bracelets too, and fragrant zone;
She looked at me as she did love,
And made sweet moan.
VI
I set her on my pacing steed,
And nothing else saw all day long,
For sidelong would she bend, and sing
A faery's song.
VII
She found me roots of relish sweet,
And honey wild, and manna - dew,
And sure in language strange she said – "
I love thee true'.
VIII
She took me to her elfin grot,
And there she wept and sighed full sore,
And there I shut her wild wild eyes
With kisses four.
IX
And there she lullèd me asleep
And there I dreamed – Ah! woe betide! –
The latest dream I ever dreamt
On the cold hill side.
X
I saw pale kings and princes too,
Pale warriors, death - pale were they all;
They cried – "La Belle Dame sans Merci
Thee hath in thrall!"
XI
I saw their starved lips in the gloam,
With horrid warning gapèd wide,
And I awoke and found me here,
On the cold hill's side.
XII
And this is why I sojourn here
Alone and palely loitering,
Though the sedge is withered from the lake,
And no birds sing.
Gralli