La Belle Dame sans merci: una seduzione misteriosa

07.10.2025

Dante Gabriel Rossetti - La Belle Dame sans Merci, 1855, penna e matita

Per me tutto è cominciato da qui.  

Da questa enigmatica, incantata ballata.

Perché soffri, o Cavaliere in armi?Non parti e non ritorni, indugi qui da soloSono avvizziti i giunchi in riva al lagoE nessun uccello più canta o prende il volo

Perché soffri, o Cavaliere in armi?E pallido indugi desolatoIl granaio è pieno e il raccolto è gia ammucchiatoE l'inverno eccolo è arrivato

Un giglio ti è cresciuto sulla fronteSulla rugiada che te l'ha imperlataLa febbre che ti accende il rosso delle guanceTi ha reso rosa sfiorita senza fiato

Vagando i campi incontrai una donnaDi bellezza smisurata, figlia di una fataI capelli aveva lunghi e il passo leggeroGli occhi aveva di selvaggia fiera

Per il suo capo feci una ghirlandaE poi bracciali e un profumato cintoLei mi guardo proprio come se mi amasseE l'aria con un gemito percosse

La misi in sella sopra al mio destinoE altro più non vidi per quella giornataChe la sua vita dondolarsi nel cantareUna canzone sua dolce di fata

Trovò per me radici di piacereFavi di miele e stille di mannaDi sicuro in quella sua lingua di lontanoDisse, "È vero è certo che ti amo"

E mi porto nella sua grotta di elfiE pianse e quanto pianse sospiròE allora i suoi selvaggi occhiIo chiusi con la croce dei miei quattro baci

E fu lei che cullandomi nel sonno
Mi addormentò come sciagurato
Nel sogno a lei affidato
Sognai l'ultimo sonno
Nel fianco del monte ghiacciato

E vidi cerei re e principi del mondoPallidi di lutto e di morteLa bella dama dissero che non ha pietàHa in pugno la tua sorte e la tua età


E vidi labbra bianche sopra i denti

Torcersi in orrende gridaDal sonno mi svegliai nel freddo abbandonatoNel fianco del monte ghiacciato


Ed ecco dunque perché qui dimoro

E resto e indugio e indugio qui da soloNon so più partire, incantato ad aspettareChi mi tolse il sogno dal cuore


Ed ecco dunque perché qui dimoroE resto e indugio e indugio qui da soloAnche se sono avvizziti i giunchi in riva al lagoE nessun uccello più canta o prende il voloNessun uccello più canta o prende il volo

Non ho avuto pace fino a che non ne ho saputo di più. Ero certa che sarei arrivata ad una seducente scoperta, infatti le canzoni di Capossela hanno sempre un retroterra culturale profondo e raffinato. Mi era già capitato con Bestiario d'amore di Richard de Fournival conosciuto grazie all'ascolto di un album musicale di questo poliedrico cantautore.
Dopo una rapida ricerca, un primo approdo: una ballata del poeta John Keats che porta lo stesso titolo, in italiano contenuta nella raccolta di liriche scelte Lucente stella. 

Non conoscevo il poeta, per la mia scarsa attrazione per la poesia romantica, ma questa lirica così sibillina mi ha affascinata, e mi sono avventurata in qualche ulteriore, timido, tentativo di interpretazione, dopo quelli azzardati con il testo di Capossela, che peraltro è molto fedele alla poesia di Keats.
Questi, a sua volta, aveva preso ispirazione dall'omonimo poemetto di Alain Chartier, poeta francese del '400, del quale parleremo. Gli studiosi si sono interrogati sul significato di questa ballata misteriosa, ma senza giungere ad un'interpretazione convincente. Molti artisti,
 ai quali dedicheremo una mostra, hanno raffigurato nei loro dipinti l'incontro del cavaliere con la sfingea dama; così come molti musicisti, di vari generi, oltre Capossela, ne hanno tratto ispirazione, li troverete in una piccola discoteca che appronteremo a breve.

La Belle Dame sans Merci Henry Meynell Rheam 1901

La ballata di Keats

I

Per quale pena, cavaliere in armi,

te ne vai così errante, pallido e solo?

È secco ormai il canneto del lago

e non sento un solo uccello cantare.

II

Per quale pena, cavaliere in armi,

così macilento e quasi desolato?

Il granaio dello scoiattolo è pieno,

il raccolto già ben ammucchiato.

III

Vedo un giglio sulla tua fronte,

imperlata di febbre e fredda angoscia,

e sulla tua guancia una rosa sfiorisce:

e troppo, troppo presto muore.

IV

Incontrai in un bosco una dama:

splendida, figlia di una fata,

capelli lunghi, il passo leggero…

l'occhio, selvaggio.

V

Le feci una ghirlanda per corona,

e poi bracciali e un cinto profumato,

lei mi guardò come presa d'amore

dalla sua bocca uscì un dolce lamento.

VI

La posi al passo sul mio destriero,

non vidi più nient'altro, quel giorno:

piegandosi verso di me lei mi cantava

un rapinoso canto di fata.

VII

Trovò per me radici di piacere,

poi miele selvatico e stille di manna,

e con sincerità, in una lingua strana,

mi disse: "Sì, io ti amo davvero".

VIII

E mi portò nella sua grotta fatata

e pianse, e sospirò con dolore:

e allora io le chiusi i suoi occhi selvaggi

con infiniti e infiniti baci.

IX

Mi addormentò, cullandomi,

e io sognai: sciagura!

sognai quello che fu il mio ultimo sogno,

sul fianco della gelida collina.

X

E vidi pallidi re e principi, e guerrieri,

tutti erano pallidi di morte,

gridavano: "La belle dame sans merci, la dama

la dama bianca ti ha in sua balia".

XI

Vidi le loro labbra consunte nel buio

aprirsi in un grido disperato

e mi svegliai e mi trovai qui, ora.

sul fianco della gelida collina.

XII

Ecco perché io sono in questo luogo,

e vado errando pallido e solo.

anche se è secco il canneto del lago,

e non sento un solo uccello cantare.


(Nella prossima puntata qualche interpretazione del misterioso testo).

(Continua)

I

O what can ail thee, knight - at - arms,

Alone and palely loitering?

The sedge has withered from the lake,

And no birds sing.

II

O what can ail thee, knight - at - arms,

So haggard and so woe - begone?

The squirrel's granary is full,

And the harvest's done.

III

I see a lily on thy brow,

With anguish moist and fever - dew,

And on thy cheeks a fading rose

Fast withereth too.

IV

I met a lady in the meads,

Full beautiful – a faery's child,

Her hair was long, her foot was light,

And her eyes were wild.

V

I made a garland for her head,

And bracelets too, and fragrant zone;

She looked at me as she did love,

And made sweet moan.

VI

I set her on my pacing steed,

And nothing else saw all day long,

For sidelong would she bend, and sing

A faery's song.

VII 

She found me roots of relish sweet, 

And honey wild, and manna - dew, 

And sure in language strange she said – "

I love thee true'.

VIII 

She took me to her elfin grot,

And there she wept and sighed full sore, 

And there I shut her wild wild eyes

With kisses four.

IX 

And there she lullèd me asleep 

And there I dreamed – Ah! woe betide! – 

The latest dream I ever dreamt 

On the cold hill side. 

X

I saw pale kings and princes too, 

Pale warriors, death - pale were they all; 

They cried – "La Belle Dame sans Merci  

Thee hath in thrall!" 

XI 

I saw their starved lips in the gloam, 

With horrid warning gapèd wide, 

And I awoke and found me here, 

On the cold hill's side. 

XII 

And this is why I sojourn here 

Alone and palely loitering, 

Though the sedge is withered from the lake, 

And no birds sing.

 

Gralli