Orfeo
NOTA Questo volume fa parte del catalogo di PELAGO una piccola raffinatissima casa editrice digitale, che vanta saggi di vario genere, storia, scienza, mito, letteratura, tutti con la curatela di studiosi di prim'ordine e, cosa che non guasta, di prezzo contenuto. Questo in particolare, dedicato al mito di Orfeo, è curato da Roberto Mussapi e si avvale dell'introduzione di Giulio Guidorizzi e per la parte artistica del commento di Salvatore Renna. I volumi dedicati al mito sono strutturati in tre sezioni: una introduzione, il racconto del mito, e le variazioni, ovvero le interpretazioni artistiche (arti visive, letteratura, musica) che esso ha suscitato. Si tratta di volumi snelli, ma esaustivi per avere una prima conoscenza ed eventualmente lo stimolo ad approfondire. Testi veramente preziosi per il rigore filologico, ma di godibilissima lettura, decisamente superiori alle varie volgarizzazioni che sfruttano il fascino del racconto mitologico per meri fini commerciali. La versione originaria, cartacea faceva parte di una collana distribuita in edicola. I volumi non sono più disponibili, qualcosa può trovarsi nell'usato.

Versione digitale
ILTESTO Orfeo è noto soprattutto per essere stato un poeta cantore (la poesia in antico era cantata non solo recitata) dalla straordinaria abilità, in grado di commuovere gli umani, di ammansire persino le belve più feroci e financo di smuovere i sassi. Notissima la sua discesa agli Inferi, per grazia divina, per liberare la sposa morta Euridice, impresa che non andò a buon fine e che ispirò artisti e musicisti di cui si parla nel libro. Meno nota al grande pubblico, è la figura di Orfeo come mitico fondatore dei Misteri Orfici. Un libro prezioso che con la bellezza del contenuto affascina il lettore fornendogli al contempo elementi culturali di grande valore.
Sfogliando il libro
Dall'introduzione di Giulio Guidorizzi
Nella figura di Orfeo convergono due aspetti: uno letterario e uno religioso.
A partire dai commoventi versi di Virgilio e Ovidio egli appare come l'amante fedele e sventurato, segnato da un doloroso destino, che cerca invano di ricondurre alla vita la sposa Euridice, morsa da un serpente velenoso.
L'aspetto più noto del suo mito è infatti la discesa agli Inferi. Col suo canto Orfeo ammansì Cerbero che custodiva le porte dell'Ade, penetrò tra i morti dove affascinò chiunque lo sentisse: le ombre dei morti piangevano, i mostri dell'oltretomba si bloccarono immobili, e allora per la prima e unica volta si videro scoppiare a piangere le Erinni. Anche gli implacabili signori degli Inferi, Ade e Persefone, si commossero e consentirono che la sposa ritornasse tra i viventi, a condizione che Orfeo non le rivolgesse lo sguardo sinché non fossero usciti dall'Ade. Così Orfeo partì, seguito da Euridice: ma (come tutti sanno) non resistette alla tentazione di voltarsi, forse perché Euridice lo chiamava, forse perché fu preso dall'improvvisa ansia di perderla; così la sposa finì risucchiata per sempre tra i morti. Un gesto misterioso, inspiegabile, che suggerisce l'esistenza di leggi inevitabili che un essere umano non può forzare. Orfeo tentò di tornare a riprenderla, ma questa volta le porte dell'Ade si rifiutarono di aprirsi. Perché Orfeo si voltò? Questo è il mistero della sua storia; si potrebbe dire che chiunque, anziché guardare verso la luce che brilla dinnanzi, si volga alle tenebre che ha dietro le spalle, finisce inesorabilmente per essere risucchiato dall'abisso.

Versione cartacea
Orfeo partecipò anche alla spedizione degli Argonauti: non portava armi, ma solo la cetra con cui calmò le onde in tempesta e gareggiò col canto delle Sirene. Sulla prua della nave Argo, è descritto mentre racconta le storie sulle origini dell'universo: «cantava come la terra, il cielo, il mare all'inizio connessi in un'unica forma, si separarono e occuparono spazi diversi, e come nel cielo abbiano un ritmo immutabile ed eterno le stelle e i cicli della luna e del sole» (Apollonio Rodio, Argonautiche, 1, 496-500). È dunque anche un teologo, che conosce i segreti dell'universo e le storie sull'origine degli dèi e del mondo: a suo nome circolavano varie "teogonie orfiche" che descrivono descrivono una cosmogonia particolare, in molti aspetti diversa da quella ufficiale.
Orfeo Christoph Gluck
https://it.wikipedia.org/wiki/Orfeo_ed_Euridice_(Gluck)
https://www.flaminioonline.it/Guide/Gluck/Gluck-Orfeo32.html
https://www.operalibretto.com/libretto-orfeo-ed-euridice-gluck/
Aria "Che farò senza Euridice" cantata da un sopranista
https://www.youtube.com/watch?v=D2EoqOcIuuM&ab_channel=WarnerClassics

Il volumetto, venduto separatamente, fa parte di questa raccolta

Sfogliando il libro
La sua amata Euridice era morta. Egli era quasi riuscito a strapparla al regno dell'Aldilà. Ma commise un piccolo errore, una disattenzione fatale e incomprensibile, e vide Euridice dileguarsi ancora una volta tra le ombre dei defunti. Orfeo era il più grande dei musicisti: un cantore prodigioso che, accompagnandosi con la lira, incantava uomini, dei e animali con le sue melodie. Si diceva che, quando Orfeo cantava e suonava, non solo tutte le fiere dal fondo delle selve ma anche gli alberi si muovevano per seguirlo. Persino i pesci uscivano dal mare per ascoltarlo. Era una sorta di pifferaio magico ante litteram che, però, invece di uno strumento a fiato ne usava uno a corda. Imbarcatosi nella spedizione degli Argonauti, Orfeo aveva zittito addirittura le Sirene con la perfezione e la bellezza ipnotica del suo canto. Lo si riteneva un sapiente e gli si attribuivano dottrine esoteriche, conoscenze segrete. In varie città della Grecia, comunità di iniziati si riunivano nel suo nome, celebrando riti misterici, in cui si schiudeva la rivelazione delle verità ultime sull'universo.
Euridice era una ninfa che viveva tra i boschi della Grecia del nord. Orfeo provava per lei un grande amore. Ma di Euridice s'invaghì Aristeo, il leggendario apicoltore, figlio di Apollo, che aveva insegnato agli uomini non solo come produrre il miele, ma anche altri segreti della pastorizia e dell'agricoltura. Aristeo cercò di possedere Euridice contro la sua volontà. Le tese un agguato nei boschi ma la ninfa fuggì. Stava correndo tra i boschi e gli sterpi, per sfuggire al suo aggressore, quando una vipera le morse la caviglia.

Euridice morsa dal serpente di Charles-François Lebœuf, 1822, Parigi, Musée du Louvre.
Ade, il signore dei morti, la raccolse e la rapì nel suo regno. Orfeo andò vagando per tutta la Grecia, alla ricerca dell'amata Euridice, dalle montagne settentrionali della Tracia, fino a Capo Tenaro, all'estremità meridionale del Peloponneso, dove si apriva una delle porte di accesso agli Inferi. Impugnando la sua cetra, e levando il suo canto, Orfeo avanzò nei sentieri dell'Aldilà. Dicono che persino il rude Caronte abbandonasse il remo per ascoltare la musica di Orfeo. Cerbero non abbaiava più, il severo Minosse e tutti gli altri inflessibili giudici degli Inferi piangevano come bambini, commossi dalla melodia. Persefone, la regina dei morti, si commosse anche lei. Ammirò il coraggio e la tenacia di Orfeo che, per amore, era sceso tra le ombre. Gli concesse di riportare Euridice tra i vivi. Soltanto, l'ammonì, doveva camminare davanti a lei: non doveva voltarsi, non doveva guardarla, finché non avesse superato le porte degli Inferi. Si sa come andarono le cose. Orfeo si voltò, forse per assicurarsi che Euridice lo stesse effettivamente seguendo. Ma quando il suo sguardo incontrò quello della donna, l'incantesimo si ruppe. Euridice fu nuovamente risucchiata tra i morti. E Orfeo rimase solo con la sua disperazione.
(continua)
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